Talpa in Procura, l’interrogatorio di Marianera: “Ho inventato tutto e millantavo per soldi”

Camilla Marianera in aula nel processo per la presunta talpa in Procura ha risposto per un’ora e mezzo ai giudici: “Ho millantato tutto al telefono, l’ho fatto per soldi”. Risposte veloci, freddezza nella voce, nessuna emozione lasciata trasparire.

“Millantavo per soldi”

Il giorno del suo interrogatorio in Aula Camilla Marianera si presenta in Jeans e maglioncino, visibilmente dimagrita, con poco trucco e tanta volgia di rispondere alle domande dei magistrati.  Il primo scoglio è il rapporto sulle informazioni riservate fornite a Luca Giampà, il marito di Mafalda Casamonica: “Non ricordo di aver mai saputo che Luca Giampà fosse accusato anche di tentato omicidio. Quando Giampà mi chiese la conferma per verificare se avesse il telefono intercettato, il 20 settembre non feci altro che confermare la circostanza senza aver verificato nulla. Con De Vivo incontrai Giampà che ci disse di aver trovato un gps nella sua auto. Io in seguito gli dissi che avevo controllato e gli dissi che aveva il telefono sotto controllo perché lo diedi per scontato”.

“De Vivo sapeva tutto”

Marianera non si fa scrupoli a “scaricare” il fidanzato: ”De Vivo sapeva che io con Giampà millantavo, ma la nostra relazione era abbastanza litigiosa e in un momento di rabbia gli dissi che se non avessi preso 500 euro per il mio servizio me li doveva dare lui”. Ma proprio questa versione va in contrasto con quella rilasciata nell’interrogatorio di garanzia, dopo il suo arresto: “Ero poco lucida, dopo una notte insomme passata in cella. Questa è la verità”. Poi la domanda del Pm Giulia Guccione su come fosse riuscita a entrare nell’assessorato alla Sicurezza guidato da Monica Lucarelli: “Arrivai a fare la segreteria della Lucarelli, tramite un amico del mio fidanzato Jacopo De Vivo, quando lo andammo a trovare in assessorato, in quell’occasione mi presentò all’assessore Monica Lucarelli e feci il colloquio con lei”.

Il fidanzato sceglie il rito abbreviato: chiesti 6 anni di reclusione

De Vivo, che ha optato per il rito abbreviato, la procura di Roma ha chiesto una condanna a 6 anni. I due sono accusati nell’inchiesta della pm Giulia Guccione di avere venduto in cambio di mazzette, notizie coperte dal segreto istruttorio. La sentenza dovrebbe arrivare venerdì 8 marzo.