Tor San Lorenzo, terreno privato ma ‘a uso pubblico’: dopo 10 anni, il Tribunale dà ancora tempo al Comune per decidere
Tor San Lorenzo, frazione balneare del Comune di Ardea: con una sentenza pubblicata quest’oggi 19 dicembre il Tribunale Amministrativo del Lazio ha respinto la richiesta della società 2. C. che chiedeva ai giudici, dopo 10 anni di attesa estenuante, di “costringere” il Comune a dare una destinazione urbanistica compiuta al terreno privato di sua proprietà su cui grava un vincolo d’uso pubblico, l’area è situata tra viale Po e via Lavagna.
In parole semplici: la società aveva chiesto al giudice di intervenire perché, a suo dire, il Comune di Ardea non avrebbe davvero dato esecuzione a una precedente sentenza di dieci anni fa, per la precisione del 4 maggio 2025. Una sentenza con la quale i giudici avevano accolto la richiesta del privato e chiesto al comune di formulare una destinazione compiuta per quel terreno. In modo che la società potesse decidere quale destinazione dare alla sua proprietà.
Ma il TAR, questa volta, contro ogni previsione, ha detto ‘No’ al privato. Il Comune di Ardea sta lavorando su una revisione più ampia del piano regolatore e quindi — almeno per il giudice del Tar Lazio — non si può parlare di immobilismo, nonostante i 10 anni trascorsi.
Tor San Lorenzo e quel terreno privato, ma legato al pubblico
Il punto è tutto qui. Parliamo di un terreno a Tor San Lorenzo, un’area che resta privata. Ma che il vecchio piano regolatore di Ardea (quello storico, approvato nel 1984) indica come zona per “servizi pubblici”. Per il proprietario significa convivere con un vincolo.
La terra è tua, ma è come se avesse addosso un cartello invisibile che dice “qui, prima o poi, ci dovrà essere qualcosa per la collettività”. Il problema è che quel “prima o poi” dura da decenni. E quando il tempo passa, il vincolo smette di essere una semplice previsione urbanistica e assomiglia sempre di più a una sospensione permanente dei diritti.
Il nodo politico: un vincolo che può durare in eterno? Il COmune ottieen altro tempo…
È proprio questo che, anni fa, aveva riconosciuto lo stesso TAR. Quel tipo di destinazione, così com’è scritta nelle regole del piano, finisce per comportarsi come un vincolo “pesante”, che blocca l’area senza offrire una soluzione concreta. Ed è qui che la storia diventa politica, non solo amministrativa.
Perché se un Comune decide che un terreno deve servire a un interesse pubblico, poi deve anche spiegare quale interesse, come, quando e soprattutto con che risorse. Altrimenti resta soltanto un limbo che scontenta tutti: il privato che non può usare l’area e la comunità che non vede nascere alcun servizio.
Il 2015: il TAR dà ragione alla società e impone una scelta chiara
Torniamo indietro: nel 2015 il TAR annulla un atto del Comune che aveva sostanzialmente respinto la richiesta della società di rivedere la destinazione del lotto. Il messaggio dei giudici era netto: il Comune non può limitarsi a dire “resta così”. Deve prendere una decisione vera e motivata sulla destinazione di quell’area. Insomma: o si realizza davvero quel servizio pubblico, oppure si ripianifica in modo coerente. Non è un tema per addetti ai lavori, è una questione di correttezza istituzionale: il potere di pianificare il territorio non può trasformarsi in un “congelatore” a tempo indeterminato.

Una storia infinita tra ricorsi, procedure e promesse di ripianificazione
Da lì in poi, però, la vicenda si allunga. Ci sono passaggi giudiziari successivi, tentativi di far “muovere” la macchina amministrativa, fino alla scelta del Comune — nel 2022 — di mettere mano a un “ridisegno” della zonizzazione del vecchio piano. Una grande operazione di riordino, dicono. Ma nel frattempo il terreno della società, secondo quanto contestato, finisce ancora dentro la stessa destinazione che aveva già alimentato il contenzioso. E la ripianificazione, quella che dovrebbe chiudere davvero la partita, resta appesa ai tempi della burocrazia.

Il Comune: “stiamo sistemando tutto, ci sono errori nelle cartografie”
Nell’ultimo giudizio, il Comune ha sostenuto di non essere fermo. Avrebbe avviato un lavoro complessivo, avrebbe riconosciuto la necessità di correggere errori nelle mappe e avrebbe incaricato un tecnico esterno per rimettere ordine e arrivare a una versione “corretta” da portare poi in Consiglio comunale. Il TAR, davanti a questa rappresentazione, ha scelto una linea prudente. Se un percorso c’è, anche se lento, non è il giudice a sostituirsi all’ente in questa fase.
Interesse pubblico: la domanda che resta sul tavolo
La sentenza del 19 dicembre non risolve il nodo, lo rimanda. E allora la questione, per la città, resta intatta: quanto può durare una decisione non presa? Perché qui non si discute solo di una proprietà privata, ma di un modello: un Comune che pianifica con uno strumento degli anni ’80 e che, quarant’anni dopo, è ancora alle prese con “ridisegni” e correzioni. Intanto il terreno resta lì, in mezzo: privato, vincolato, fermo. E a Tor San Lorenzo, dove ogni stagione cambia la costa, la politica locale continua a misurarsi con il paradosso più classico: il tempo dell’amministrazione contro il tempo dei cittadini.