Tra le vittime dell’11 settembre c’erano anche 218 italiani. Ecco la storia di chi le ha scoperte

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C’erano almeno 218 italiani e italo-americani fra le vittime dell’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. Lo sappiamo grazie a Giulio Picolli, un italo americano che ha dedicato gli ultimi vent’anni della sua vita a questa impresa. E sono i nomi da lui raccolti che a ogni anniversario vengono letti in una cerimonia al Consolato generale di New York. “Sono un semplice cittadino che si è arrabbiato, voglio mantenere viva la memoria della nostra comunità”, ha detto Picolli all’Adnkronos. E racconta come maturò il suo progetto. La sera del 13 settembre, mentre guardava un notiziario, un presentatore di un programma disse “meno male, che non vi sono vittime italiane”. “Ma noi siamo il 35% della popolazione dell’area metropolitana di New York, era logico pensare che il 30-40% delle vittime fosse di origine italiana”, dice Picolli.

Il lavoro indefesso di Giulio Picolli sull’11 settembre

Picolli decise allora di raccogliere i nomi. Dalle autorità, americane e italiane, non ha avuto nessun aiuto, in nome della tutela della privacy. Così si è messo al lavoro da solo, partendo dall’elenco delle vittime con le loro storie che aveva pubblicato il New York Times. Una prima selezione ha individuato 480 nomi che potevano sembrare italiani, poi è sceso a 186 la cui origine era certa. In alcuni casi si è aiutato con i nomi dei figli e dei genitori che apparivano negli annunci mortuari. Mano a mano che il lavoro di Picolli diventava noto fra gli italiani di New York, grazie anche alla lettura dei nomi al consolato, sono stati i parenti delle vittime a segnalare i loro cari. Per il ventesimo anniversario dell’attentato Piccoli ha fatto stampare un piccolo libro con i nomi raccolti, arrivati a 215.

Tantissime le storie nella tragedia degli attentati

Ma nel frattempo ne sono arrivati altri tre, fra cui una poliziotta registrata col cognome non italiano del marito. E così si arriva a 218. “Una volta, anni fa, terminata la lettura dei nomi al consolato, presenti l’ambasciatore Gianni Castellaneta e Massimo D’Alema che era in visita, una signora si fece avanti gridando: mio figlio dov’è? e poi svenne”, racconta Picolli. “Due giorni dopo sono andato a casa sua a chiederle perdono, anche se non era colpa mia”. E così è stato aggiunto anche il nome del figlio, Angelo Sereno. Picolli conosce tante storie. Quella di un ex poliziotto, Giovanni Spataro, che gli ha chiesto aiuto per trovare la tomba del figlio morto nelle Torri. La nuora non glielo ha mai rivelato e purtroppo la legge era dalla sua parte.

Oppure del giovane elettricista di una famiglia di immigrati siciliani di Brooklyn che stava aggiustando l’aria condizionata sul tetto di una delle due Torri. Dopo lo scoppio dell’incendio provocato dall’impatto degli aerei dei terroristi, si era messo ad aiutare i pompieri, perché il suo sogno era fare il vigile del fuoco, e non ha più fatto ritorno. “Nel 2007 sono stato da sua madre a Brooklyn, la casa sembrava una chiesa con le candele accese davanti all’immagine del figlio”, racconta commosso Picolli. Ma è solo quando gli viene chiesto se anche lui ha perso una persona cara, che Picolli racconta il suo dolore personale.

Anche Picolli ha subito una tragedia personale

Perché nelle Torri è morto anche il suo figlioccio Luigi Gino Calvi, 34 anni, che lavorava in un’importante banca d’affari. “Giggetto” era cresciuto con i suoi bambini perché era figlio di amici fraterni, emigrati come lui da Napoli nella metà degli anni sessanta. Sabato al consolato si terrà, come ogni anno, una cerimonia davanti alla scultura che ricorda le vittime. Un monumento alla memoria che Picolli ha fortemente voluto, chiedendolo pubblicamente all’allora presidente della Camera Pier Ferdinado Casini, in occasione di una sua visita. Picolli, che è “Coordinatore delle vittime italiane dell’11 settembre”, distribuirà dei cofanetti con distintivi della polizia di New York, personalizzati con i nomi delle vittime, che recano la scritta “Never Forget 2001-2021”.