Truffa da film a Roma: finto prete fa da garante nella compravendita e ruba 86 mila euro in lingotti d’oro

lingotti oro

Volevano solo vendere la loro villa. A Roma, due fratelli si sono fatti convincere da un finto sacerdote, da una valigetta piena di soldi fasulli e dalla promessa di un affare “garantito dal Vaticano”. E invece era una truffa immobiliare su cui ora indaga la polizia di Roma, con 86mila euro in lingotti d’oro spariti e i truffatori volatilizzati, lasciando dietro di loro solo mazzette da 50 e 100 euro stampate su carta scadente.

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Il raggiro: dal finto mediatore alla valigetta “gonfia” di banconote fasulle

La storia inizia a maggio, quando i due fratelli mettono in vendita una villa di famiglia in Calabria. Pubblicano un annuncio online, descrivono la proprietà, aspettano potenziali acquirenti. Invece, arriva una fantomatica agenzia immobiliare che afferma di avere una trattativa “di alto livello”. Il cliente è nientemeno che il Vaticano, interessato alla proprietà e pronto a riconoscere ai venditori 300mila euro in nero oltre al prezzo ufficiale.

La promessa basta a far abbassare le difese. I fratelli, uno residente in Calabria, l’altro da anni a Roma, entrano nel gioco. Al telefono li contatta un intermediario. Offre dettagli, rassicura, spiega la procedura. Poi introduce l’“esperto” che seguirà l’operazione: un cinquantenne elegante, presentato come uomo abituato a chiudere trattative immobiliari riservate. È lui che detta le condizioni: per chiudere l’affare occorre “garantire la trasparenza” con 80mila euro in oro. In cambio, una valigetta colma di contanti da incassare prima dell’atto notarile. I due non hanno questi soldi. E, per trovarli velocemente, vendono i gioielli della madre.

Il ruolo decisivo del “prete”: abito talare, aria innocente e la trappola scatta

Il colpo finale arriva due giorni fa in un hotel di lusso in via Cernaia. Qui entra in scena il pezzo forte della truffa: il finto sacerdote. Abito talare, espressione rassicurante, modi pacati. È lui a sciogliere gli ultimi dubbi dei venditori. “Domani ci vediamo dal notaio”, assicura, come se fosse la cosa più normale del mondo. Lo scambio avviene così: i fratelli consegnano i lingotti, il “prete” e il complice mettono sul tavolo la valigetta piena di banconote. Sorrisi, strette di mano. Tutto sembra a posto. Ma quando i due aprono la valigetta, e affondano le mani nei presunti 200mila euro, scoprono la verità: sono fac-simile perfetti, carta straccia stampata per ingannare. I truffatori sono già spariti.

La denuncia e le indagini: gli agenti seguono le tracce della banda

Sconvolti, i fratelli si presentano al commissariato. Portano con sé la valigetta e i soldi falsi. Raccontano tutto: le chiamate, le mail, l’hotel, il sacerdote, il broker. La polizia ha acquisito le immagini di videosorveglianza e sta ricostruendo i movimenti dei truffatori, che potrebbero aver replicato il metodo in altre città. Gli investigatori ipotizzano un gruppo strutturato, capace di mescolare teatralità, finti professionisti e un uso sapiente della fiducia religiosa per rendere ogni passaggio credibile. La classica truffa da manuale, dove l’unico vero dettaglio che conta è la vittima giusta al momento giusto.