Tutta sbagliata la strategia anti-fumo partorita dai “cervelloni” della Ue

fumo

Contenuti dell'articolo

Per lo “zoccolo duro” dei fumatori che, pur conoscendo il rischio del fumo, non vogliono smettere di fumare, “essere talebani, puntando sui divieti assoluti, non serve se si vuole raggiungere l’obiettivo”. Perché “quando una persona non vuole smettere o ha cercato di farlo senza riuscire, continuerà con la sigaretta classica. Sulle alternative in grado di diminuire il rischio del tabacco non servono ambiguità, ma informazioni, anche ai medici”. Lo dice Claudio Cricelli, presidente la Società italiana medici di medicina generale e delle cure primarie (Simg).

Il piano della Ue non coinvolge medici né cittadini

Cricelli commenta lo Europe’s Beating Cancer Plan, il piano europeo per sconfiggere il cancro, presentato dalla Commissione europea, che tra le azioni previste comprende anche la disassuefazione al fumo, equiparando le sigarette classiche alle alternative in commercio. Per Cricelli, inoltre, il Piano, che “non ha coinvolto fattivamente medici e cittadini”, rischia “di restare lettera morta” nelle sue 4 aree di intervento. Ossia prevenzione, diagnosi precoce, diagnosi e trattamento, migliore qualità della vita per chi è sopravvissuto al cancro.

Contro il fumo servono risposte pratiche

Sul tema del fumo – di cui ci si occupa nella prevenzione, con l’obiettivo di far scendere al 5% i fumatori europei – bisogna secondo il presidente Simg “dare strumenti pratici agli operatori sanitari, in particolare ai medici di famiglia, che affrontano questi problemi quotidianamente. Non basta dire no. Ogni giorno ci chiedono se possono fumare sigarette elettroniche o tabacco senza combustione. Servono risposte pratiche. Chiediamo che tutte le azioni europee e il loro recepimento in Italia, siano improntate a obiettivi pratici”.

La strategia Ue rischia di esser lettera morta

Il Piano europeo per battere il cancro rischia, in generale, di rimanere un documento nel cassetto. E’ il classico comportamento delle istituzioni europee: si fa un documento, si fa un’azione e poi la diffusione degli obiettivi non si sa bene chi la debba fare. Dovrebbero farlo gli organismi nazionali. Questo però non accade. E se non c’è l’intervento attivo delle società scientifiche dei medici, tutto questo rimane totalmente lettera morta”.

“E’ il solito problema dell’Europa e dell’Italia. Sono organismi apparentemente efficaci, sulla carta”, ma “quando si tratta di trasferire il tutto sulla pratica quotidiana – conclude il medico – non hanno la minima idea e non gli importa nulla”.

Utopistico il proibizionismo

La strategia di lotta al cancro promossa dalla Commissione europea “è corretta sul piano teorico”, perché punta “a eliminare il fumo e chiede comportamenti virtuosi nel mangiare la carne o bere gli alcolici. Ma una cosa è mettere a fuoco le cause dei tumori, altra è realizzare gli obiettivi. Eliminare il consumo di alcolici è utopistico, così come azzerare quello di carne e pensare di far smettere di fumare dall’oggi al domani. Ma soprattutto pensare di farlo con divieti e tassazioni.

La repressione contro il fumo non serve

Si deve capire che la repressione e le regole non sono l’unica strada possibile. Come si aiutano le persone che non riescono a cambiare abitudini? Il vecchio modello del proibizionismo è fallimentare”. Lo sottolinea Fabio Beatrice, docente della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Torino e direttore del Centro antifumo San Giovanni Bosco di Torino. “Occorre chiarire come la strategia delle regole ferree e della tassazione non arriva a risolvere il problema della dipendenza.

Le attuali strategie anti-fumo funzionano poco

Serve la promozione della cultura e del concetto di salute, che viene prima della prevenzione. Sul fumo abbiamo delle certezze, le linee guida italiane e europee sul tabagismo sono efficaci – ricorda Beatrice – anche se in realtà prevedono una strategia per gli 8mila fumatori che frequentano i centri antifumo, ma in Italia abbiamo 12 milioni di fumatori. Poi va detto che le attuali strategie funzionano solo in un caso su due. Cosa facciamo con chi fallisce un percorso? Perché il fumo elettronico e i prodotti a rischio ridotto non vengono presi in considerazione?”.