Un altro colpo al “made in Italy”: non sarà più obbligatorio indicare l’origine del grano della pasta

”Addio alla pasta 100% italiana con la scadenza dal prossimo 31 dicembre 2021 dell’obbligo di etichettatura dell’origine del grano utilizzato, con grave danno per quei consumatori che hanno preso d’assalto penne, orecchiette e spaghetti certificati tricolori, con un aumento delle vendite del 29% nello scorso anno”. Lo afferma con preoccupazione Coldiretti Puglia, in occasione della giornata mondiale della pasta che si celebra oggi in tutto il mondo ed in Italia. La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 9.990.000 quintali prodotto e valore della filiera della pasta in Puglia pari a 542.000.000 euro. ”L’obbligo dell’etichettatura di origine del grano impiegato, fortemente voluta dalla Coldiretti, è scattato il 14 febbraio del 2018.
Pasta, come cambiano le indicazioni sulla confezione
Il decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega la Coldiretti – debbano indicare il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura. Se proviene o è stato molito in più Paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi non Ue, Paesi Ue e non Ue. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si può usare la dicitura: Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue”. La pasta 100% italiana è etichettata con le indicazioni ”Paese di coltivazione del grano: Italia” e ”Paese di molitura: Italia”. Tale misura, secondo Coldiretti, ha fatto crescere gli acquisti di pasta con 100% grano italiano ”ad un ritmo di quasi 2 volte e mezzo superiore a quello medio della pasta secca.

Preoccupa la concorrenza sleale dall’estero
Spingendo le principali industrie agroalimentari a promuovere delle linee produttive con l’utilizzo di cereale interamente prodotto sul territorio nazionale”. ”La domanda di grano 100% made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono. Che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 – dice Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia -. Con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati, con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero. Soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese”.
A questo si aggiunge l’aumento del prezzo del grano
Una tendenza sulla quale rischia ora di scatenarsi ”una tempesta perfetta”, con la scadenza dell’obbligo dell’origine in etichetta. Che si aggiunge al caro prezzi determinato dagli aumenti delle quotazioni internazionali del grano, legati al dimezzamento dei raccolti in Canada. E’ il principale produttore mondiale e fornitore di un’Italia che è costretta oggi ad importare circa il 40% del grano di cui ha bisogno. Ed è dunque particolarmente dipendente dalle fluttuazioni e dalle speculazioni sui mercati.