Un nuovo mega Centro Commerciale a Roma Ovest vista Regione Lazio, dopo Porta di Roma e Roma Est: rallenta il progetto
Roma, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto (per il momento) il ricorso della società P. S.p.A. contro Regione Lazio e Ministero della Cultura sul Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR). Una sorta di super piano regionale regionale del 2021 che decide dove e come si può costruire in aree sensibili dal punto di vista ambientale, paesaggistico e archeologico. Il verdetto conferma la scelta della Regione Lazio. Secondo i giudici, sulle aree interessate dal progetto(ne) del nuovo mega centro di vendita – che dovrebbe sorgere a circa 1,5 km dal Consiglio regionale alla Pisana – in zona “Pescaccio”, restano in vigore vincoli/tutele legati a zone di interesse archeologico e al fosso Santa Maria Nuova (o Santa Cecilia).
La società è stata anche condannata dal Tribunale anche a pagare 3.000 euro di spese legali alla Regione Lazio. I proponenti hanno però facoltà di presentare un ricorso al Consiglio di Stato, secondo e ultimo grado della Giustizia amministrativa, contro tale sentenza di primo grado.
La maxi struttura commerciale dovrebbe sorgerebbe nonsolo vicino alla sede della Regione, ma anche a due passi dalla discarica di Malagrotta, che il sindaco di Roma Gualtieri è intenzionato a riattivare, un sito con problematiche ultradecennali e alto impatto ambiantale.
Dove nasce la partita: Roma Ovest oltre il GRA, il nuovo mega centro commerciale
Le aree al centro della causa si trovano a Roma, settore sud-ovest, appena fuori al Grande Raccordo Anulare. Tra gli svincoli di via della Pisana e Casal Lombroso. Secondo quanto riportato negli atti, nella zona è in corso un grande progetto urbanistico rilevante che contempla anche un grande polo commerciale (descritto come “terzo centro commerciale di Roma” nel contesto del progetto).
Perché si è arrivati al TAR: “quei vincoli non dovevano esserci”
Il cuore del contenzioso è questo: nel PTPR (tavole B e C) della Regione Lazio risultano indicati: un vincolo/area di interesse archeologico; un vincolo/tutela sul fosso. La società ha sostenuto che, in base a precedenti passaggi amministrativi e osservazioni, quei vincoli dovessero essere eliminati o ridotti, contestando anche presunte contraddizioni tra le diverse tavole del piano e richiamando vecchie vicende di vincoli archeologici annullati in passato.
Cosa risponde il TAR: il Piano regge, tutele confermate
I giudici amministrativi hanno bocciato tutti i motivi del ricorso, con alcune affermazioni che contano (e che fanno pubblica utilità). In pratica: anche se in una porzione non emergono reperti o l’area è stata alterata da escavazioni, il piano può comunque tutelare il paesaggio archeologico complessivo. Sul fosso: pesa la sua qualificazione come acqua pubblica (negli elenchi), elemento che rende più difficile sostenere che sia “irrilevante” per la tutela paesaggistica senza atti specifici e percorsi formali.
Per i cittadini: cosa può cambiare davvero (traffico, verde, verifiche e tempi)
La sentenza non è uno stop totale al progetto(ne), ma una cosa è chiara: il PTPR resta in piedi e le tutele disegnate sulle mappe restano un passaggio obbligato. Tradotto in effetti pratici, significa, il progetto è rallentato. All’orizzonte su intravedono probabili prescrizioni e verifiche (archeologiche e paesaggistiche) nelle fasi autorizzative; possibile impatto su tempi, progettazione e perimetri di intervento (es. dove concentrare edificazione); maggiore attenzione su elementi “di contesto” come corsi d’acqua minori e aree coerenti con tutela paesaggistica.
E qui sta la pubblica utilità: un maxi insediamento commerciale non riguarda solo investitori e Comune di Roma, ma mobilità locale, congestione stradale, servizi, consumo di suolo, assetto idrogeologico e patrimonio storico-archeologico.
Perché questa sentenza interessa anche chi non andrà mai in quel centro commerciale
Perché il TAR, confermando il PTPR, ribadisce un principio che vale ovunque nel Lazio: quando un’area è segnata come paesaggisticamente sensibile (archeologia, corsi d’acqua, contesti naturali), le trasformazioni urbanistiche devono fare i conti con regole più stringenti. E le “scorciatoie” basate su letture selettive di tavole e atti precedenti difficilmente reggono davanti ai giudici.
