Una storia esemplare: cardiologo rifiuta super stipendio all’estero per restare nella sua patria

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C’è chi dice no. Tra i medici italiani, professione ricoperta d’oro non solo in Quatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Oman, Bahrain e Kuwait, c’è chi sceglie di restare in Italia e rinunciare a super offerte che arrivano anche dall’Europa del nord. È il caso del cardiologo Antonio Di Monaco, dirigente medico dell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari), con specializzazione in elettrofisiologia, in pratica è esperto di ablazioni per il trattamento delle aritmie. “Poco tempo mi contatta una associazione di medici che recluta professionisti come me in tutta Europa – racconta Di Monaco all’Adnkronos Salute -. Mi era stato proposto di trasferirmi con tutta la mia famiglia in Francia o, in alternativa, in Danimarca.

Offerti benefit per tutta la famiglia

Avrebbero pensato a tutto: istruzione gratuita per i miei figli, asilo nido pagato, le pratiche per sostenere il nostro trasferimento e, soprattutto, uno stipendio tre volte più alto di quello medio che un cardiologo guadagna in Italia. Confesso, ho vacillato. La proposta davvero non si poteva rifiutare”. Eppure, Di Monaco “dopo una prima esitazione” ha detto no. “Per convincermi – prosegue – mi dissero che avrebbero trovato un lavoro anche a mia moglie che è medico internista. Malgrado ciò ho rifiutato perché all’Italia devo tutto, qui mi sono formato, il mio Paese ha creduto e investito in me. Inoltre, da noi il diritto alla salute è garantito a tutti i cittadini, mentre in alcuni Paesi non ti curano senza assicurazione sanitaria”.

“Resto qui per migliorare il nostro servizio sanitario nazionale”

Voltare le spalle a stipendi da oltre 14mila euro al mese più tanti benefit come la casa, l’auto e la scuola “non è facile, anche perché – evidenzia il cardiologo – da noi il Servizio sanitario nazionale andrebbe rivisto e migliorato. Durante un turno di lavoro io trascorro solo il 50% del mio tempo in sala operatoria, l’altro 50% lo impiego per sbrigare pratiche burocratiche (scrivere un piano terapeutico necessita anche 20 minuti tra mail alla Asl e alla Regione Puglia) e per coprire turni notturni o pomeridiani. Ma così si toglie tempo all’assistenza al paziente, che è molto importante”.

La piaga dei contenziosi medico-legali

Tra i motivi che spingono molti medici a fuggire dall’Italia “ai primi posti troviamo denunce e richieste di risarcimenti – sottolinea Di Monaco -. I casi di contenzioso medico-legale in Italia sono circa 300mila ogni anno ma alla fine il 95% delle denunce finisce in un nulla di fatto. Nel frattempo, però, i medici coinvolti devono affrontare spese assicurative e legali, oltre ai processi”. Ma nonostante le tante smagliature e pecche del nostro Sistema sanitario nazionale “è giusto che io rimanga in Italia e nell’ospedale in cui ho la fortuna di lavorare da anni”, conclude.