Vespa al rogo: scatta la repressione sovietica della sinistra contro di lui
Vespa sarà bruciato al rogo. Ha osato attaccare le ong, e di conseguenza chi guadagna sul traffico di schiavi. Partiti e cooperative comprese. E adesso la pagherà. E’ subito scattato un ”doppio esposto, al Comitato per il Codice etico della Rai e al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio”. Lo ha presentato ieri il consigliere di amministrazione della Rai eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà, e il segretario dell’Usigrai, Vittorio di Trapani, nei confronti di Bruno Vespa. E’ quanto si legge in una nota congiunta. ”La richiesta – spiegano Laganà e Di Trapani – è quella di valutare, ciascuno per le proprie competenze, profili disciplinari e deontologici rispetto alle accuse rivolte da Vespa nei confronti di una ong (Medici Senza Frontiere, ndr), seccamente smentite dai diretti interessati.”
Vespa, un doppio esposto contro di lui per aver fatto delle domande
“Questo fatto – sottolineano – ha esposto la Rai a rischi di immagine da parte di un proprio collaboratore. Inoltre, nei giorni precedenti, Vespa ha rivolto gravi accuse nei confronti del proprio datore di lavoro, accusandolo di aver sospeso la trasmissione Porta a Porta senza un motivo ragionevole ipotizzando una decisione dal sapore politico. Un qualunque dipendente sarebbe stato sanzionato per comportamenti analoghi. E le regole – scandiscono – devono essere uguali per tutti”.
Lui: vogliono censurarmi, non ci riusciranno
Immediata la replica di Vespa. “Il consigliere Laganà e il segretario dell’Usigrai Di Trapani stanno programmando un sistema di censura sovietico, ma non ce la faranno”. Ma forse Vespa si è macchiato anche del delitto di lesa maestà contro i politici, quando ha fatto osservare una semplice realtà. “Per mandare in onda Porta a porta e tutti gli altri telegiornali così come le trasmissioni di approfondimento della Rai e delle televisioni commerciali centinaia di giornalisti, di tecnici, registi e quant’altro, lavorano giorno e notte con la mascherina, i guanti, rispettando le distanze di sicurezza, ma vanno avanti. E questo succede in centinaia di migliaia di uffici e di fabbriche in tutta Italia. Perché allora il Parlamento deve lavorare una volta a settimana?”.
Vespa aveva chiesto perché il parlamento non lavora
Si era infatti domandato Bruno Vespa in un video postato sulla sua pagina facebook. “Il Parlamento – continua il giornalista – è l’ospedale dell’Italia. L’Italia già stava malissimo prima del coronavirus, adesso è in terapia intensiva e quindi i suoi medici non possono andare a visitarla una sola volta a settimana, perché i casi sono due: o il Parlamento non serve (e questo sarebbe terribile) o il Parlamento serve e non va a lavorare e questo è ancora più grave”.