Occhio al rischio Vietnam in Senato dopo le nomine di governo

La maggioranza parlamentare stia attenta con il Senato che può trasformarsi in Vietnam. Almeno 20 voti dei 116 a disposizione del centrodestra rischiano di ballare paurosamente. E in quell’Aula tutto può succedere.
Ma se oltre al presidente del Senato – che non vota – togli anche 9 ministri e 10 sottosegretari, rischi di sguarnire la coalizione a vantaggio di minoranze che, seppure oggi divise, potrebbero trovare compattezza. L’occasione fa l’uomo ladro e guai a sottovalutare i pericoli.

Occhio al Senato modello Vietnam
Bisognerà calendarizzare lavori e provvedimenti al Senato con grande accortezza. Senza i voti istituzionali la maggioranza scende a 96 senatori. La quota delle opposizione è attorno a una novantina di seggi, senatori a vita inclusi.
Chi scrive ha fatto parte di quell’assemblea tra il 2006 e il 2008, col governo Prodi e quasi sempre con uno o due voti di differenza su leggi ed emendamenti. Ogni volta che si votava era da infarto.
Il richiamo del ministro Ciriani
È davvero da apprezzare il richiamo del ministro Luca Ciriani, responsabile dei rapporti con il Parlamento, che ha invitato i neonominati a non sottovalutare i numeri. Anche perché – ha detto giustamente – chi va al governo non fa turismo e deve garantire la presenza anche in aula.
Se a numeri ballerini – aggiungiamo noi con qualche malizia – si sommano nervosismi politici che si registrano soprattutto dalle parti di Forza Italia per le fibrillazioni sulle nomine, lanciare avvertimenti è il minimo.
Chi ha votato per i vincitori delle elezioni, non vuol vedere sabotare le proprie speranze solo perché qualche senatore non è diventato ministro o sottosegretario mentre altri ce l’hanno fatta. Tutti hanno il dovere di fare la loro parte a sostegno del governo, sapendo di essere stati eletti in liste di nominati dai partiti o in collegi dove si arrivava primi più per la forza dei numeri della coalizione che per la sola personalità dei candidati.
Al Senato ci aspettiamo il rispetto della volontà popolare e non un Vietnam.