Zona arancione, meno 40% di fatturato per bar e ristoranti del Lazio

Da domenica scorsa Roma e tutto il Lazio sono diventati zona arancione. Per la prima volta dallo scorso autunno, tolta la stretta imposta a tutta l’Italia sotto le feste. E i più penalizzati dalle nuove regole sono ancora una volta baristi e ristoratori, costretti a chiudere di nuovo le saracinesche. Certo, rimane sempre la possibilità del delivery e dell’asporto. Ma chiaramente non tutti gli esercizi sono attrezzati per queste modalità di lavoro. E comunque una parte dei guadagni vanno proprio alle società che gestiscono le consegne. Così il margine di utile già ridotto si assottiglia ancora di più. Le associazioni di categoria hanno calcolato che le perdite conseguenza della nuova ‘colorazione’ regionale si attesteranno attorno al 40%. Una catastrofe insomma, considerando che già si veniva da un anno a dir poco drammatico. Certo, ci sono i ristori del governo. Ma molti quei soldi non li hanno ancora visti. E in ogni caso le due tranches di aiuti fin qui concessi assommano se va bene a qualche migliaio di euro. Roba da non pagarci neanche un affitto mensile di un locale. Per non parlare delle maestranze, molte delle quali sono in cassa integrazione. Ma quando la misura sarà scaduta definitivamente, saranno guai. Perché con il fatturato quasi azzerato, mantenere i livelli di personale precedenti al covid sarà difficilissimo per tutti.

#Ioapro, la protesta di baristi e ristoratori condannata dalle associazioni di categoria. E ora nuova stretta con la zona arancione

Contro le chiusure alle 18 (fino a sabato scorso, perché ora in zona arancione c’è solo l’asporto) bar e ristoratori hanno messo in campo una protesta clamorosa in tutta Italia. Contravvenendo alle regole proprio venerdì sera, e lasciano aperti molti locali. Con gli avventori regolarmente seduti al tavolo, anche se ovviamente era tassativamente proibito. Tutti disponibili a rischiare la maxi multa, in nome della libertà di impresa e di scelta. Così l’opinione pubblica si è divisa. Tra chi ha sostenuto l’iniziativa, sostenendo che in fondo se si può andare in metropolitana a scuola si può anche uscire a cena. Tanto più che i locali hanno speso molti soldi per mettersi in regola. Tra barriere in plexiglass e distanziamento tra i tavoli. E chi invece ha bollato il tutto come una strumentalizzazione. Con uno sfondo anche politico. E come un atteggiamento pericoloso e potenzialmente in grado di accrescere i numeri del contagio.

#Ioapro, la protesta dei ristoratori ieri sera anche a Roma. Tanti i clienti solidali

Stasera a Castel S. Angelo #abbassoechiudo

Fipe, Fieper, Confesercenti e l’associazione IHN hanno bocciato le proteste dei giorni scorsi. Sostenendo che la situazione è indubbiamente grave, ma che le risposte vanno ricercate con un costante confronto con il governo. Intanto però in molti non ce la fanno più ad andare avanti. E anche il posticipo dell’Irap non incide sulle attività più piccole, quelle a gestione familiare. Che sono state lasciate sole. E che giudicano i 51 milioni di euro messi in campo dalla Regione largamente insufficienti. Così questa sera si manifesta di nuovo, davanti a Castel S.Angelo. Ma a promuovere il flash mob sarà un’altra sigla, #abbassoechiudo. Con la volontà di protestare ma di non infrangere la legge.  Niente aperture ‘illegali’ quindi, ma l’ennesimo grido di dolore di una categoria. Che insieme alle altre più colpite come wedding planner, hotellerie e turismo rischiano davvero che la profezia di Mario Monti si avveri. Con l’unica alternativa di chiudere per sempre l’attività o di cambiare definitivamente mestiere.

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