Berlusconi e Salvini su TikTok? Chi li prende in giro non capisce niente di Social (e di politica)

TikTok, politici

I politici su TikTok? È internet. Il futuro è social, bellezza! O, nella versione originale, “That’s the press, baby!” Mi perdoni Humphrey Bogart per avere usato e storpiato il finale di uno dei suoi capolavori (Ultima minaccia, in originale Deadline USA), ma è l’unica possibile reazione alla notizia che i nostri politici, in primis Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Matteo Renzi hanno deciso di utilizzare TikTok, la piattaforma frequentata dai giovanissimi, per la loro campagna elettorale.

È viceversa strano che questo popolarissimo social non sia stato scelto prima. Forse la considerazione che il pubblico spesso giovanissimo di TikTok, non vota, ed anche la tipologia di contenuti, video solo di intrattenimento, aveva allontanato l’attenzione degli esperti di social e marketing da questa piattaforma. Twitter è del resto il social più usato dai politici e le vicende di Donald Trump ne sono una conferma, se mai ce ne fosse bisogno. Facebook rimane ancora il social più utilizzato al mondo e, di conseguenza, è impossibile non considerarlo.

Corre pertanto l’obbligo di due osservazioni all’apparenza semplicistiche ma che, tuttavia, avrebbero dovuto già indurre partiti a candidati a usare TikTok.

Facebook è considerato il social dei vecchi ma, e non essendo ancora maggiorenne (è nata nel 2005), la metà degli utenti della piattaforma è sopra i 35 anni. Il che vuol dire che, in gran parte, si sono iscritti quando ne avevano almeno dieci di meno e hanno utilizzato questi ultimi anni della loro vita a costruire la loro identità digitale. Un pubblico possiamo dire ben fidelizzato.

Secondo argomento: gli attuali dodicenni e tredicenni che si dilettano a riprendersi e vedere i video dei loro coetanei, saranno elettori se non alle prossime elezioni a quelle successive e non sono certo pochi i maggiorenni che frequentano la piattaforma già al centro di non poche polemiche in quanto accusata di favorire la pedopornografia (in India è stata bloccata) e la morte di giovanissimi che accettano sfide folli.

Politici come l’imprenditore Berlusconi, come Salvini o l’ex premier Renzi si sono quindi dimostrati lungimiranti nel rivolgersi a quella che è una futura fetta di mercato … ops di elettorato, decisamente appetibile e che, tra l’altro, riceverà i loro messaggi in una fase di formazione della personalità e del pensiero.

I due leader potranno sembrare ad alcuni ridicoli o addirittura, come qualcuno li ha immeritatamente bollati, patetici, ma è un rischio a cui ogni politico sa di essere esposto, così come quello della satira, dell’ironia e dell’insulto. In ogni caso, la loro scelta non può considerarsi sbagliata e possiamo essere certi che, a brevissimo, saranno seguiti da altri leader politici e candidati.

Una volta esistevano sui canali RAI le tribune politiche ed elettorali, condotte e dirette da giornalisti autorevoli quali Ugo Zatterin, Jader Jacobelli, e Villy De Luca che non si tirò indietro quando dovette criticare l’invadenza dei politici nell’emittente di Stato dicendo che “La Rai è imbrigliata in lacci e lacciuoli a non finire”. 

Oggi si preferisce ricorrere a programmi urlati e maleducati, con conduttori compiacenti o scelti per il loro appeal fisico sul pubblico; i candidati si confrontano con sedicenti tuttologi e opinionisti, sempre gli stessi, che si insultano sulle stesse scene da oltre venti anni. Il tutto a scapito dei contenuti politici e dei programmi elettorali. TikTok c’era solo da aspettarselo; ne è la naturale conseguenza e ci si chiede come mai sia giunto così tardi.

Un’ultima osservazione. E’ evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri socialnetwork) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento. 

Sono le parole utilizzate dal Tribunale di Roma in una vicenda che ha visto coinvolte Facebook e TikTok. Il futuro del dibattito politico, è social. Bellezza!

O, nella versione originale, “That’s the press, baby!” Mi perdoni Humphrey Bogart per avere usato e storpiato il finale di uno dei suoi capolavori (Ultima minaccia, in originale Deadline USA), ma è l’unica possibile reazione alla notizia che i nostri politici, in primis Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, hanno deciso di utilizzare TikTok, la piattaforma frequentata dai giovanissimi, per la loro campagna elettorale.

È viceversa strano che questo popolarissimo social non sia stato scelto prima. Forse la considerazione che il pubblico spesso giovanissimo di TikTok, non vota, ed anche la tipologia di contenuti, video solo di intrattenimento, aveva allontanato l’attenzione degli esperti di social e marketing da questa piattaforma. Twitter è del resto il social più usato dai politici e le vicende di Donald Trump ne sono una conferma, se mai ce ne fosse bisogno. Facebook rimane ancora il social più utilizzato al mondo e, di conseguenza, è impossibile non considerarlo.

Corre pertanto l’obbligo di due osservazioni all’apparenza semplicistiche ma che, tuttavia, avrebbero dovuto già indurre partiti a candidati a usare TikTok.

Facebook è considerato il social dei vecchi ma, e non essendo ancora maggiorenne (è nata nel 2005), la metà degli utenti della piattaforma è sopra i 35 anni. Il che vuol dire che, in gran parte, si sono iscritti quando ne avevano almeno dieci di meno e hanno utilizzato questi ultimi anni della loro vita a costruire la loro identità digitale. Un pubblico possiamo dire ben fidelizzato.

Secondo argomento: gli attuali dodicenni e tredicenni che si dilettano a riprendersi e vedere i video dei loro coetanei, saranno elettori se non alle prossime elezioni a quelle successive e non sono certo pochi i maggiorenni che frequentano la piattaforma già al centro di non poche polemiche in quanto accusata di favorire la pedopornografia (in India è stata bloccata) e la morte di giovanissimi che accettano sfide folli.

L’imprenditore Berlusconi, l’ex premier Renzi e l’ex ministro Salvini, si sono quindi dimostrati lungimiranti nel rivolgersi a quella che è una futura fetta di mercato … ops di elettorato, decisamente appetibile e che, tra l’altro, riceverà i loro messaggi in una fase di formazione della personalità e del pensiero.

Questi leader potranno sembrare ad alcuni ridicoli o addirittura, come qualcuno li ha immeritatamente bollati, patetici, ma è un rischio a cui ogni politico sa di essere esposto, così come quello della satira, dell’ironia e dell’insulto. In ogni caso, la loro scelta non può considerarsi sbagliata e possiamo essere certi che, a brevissimo, saranno seguiti da altri leader politici e candidati.

Una volta esistevano sui canali RAI le tribune politiche ed elettorali, condotte e dirette da giornalisti autorevoli quali Ugo Zatterin, Jader Jacobelli, e Villy De Luca che non si tirò indietro quando dovette criticare l’invadenza dei politici nell’emittente di Stato dicendo che “La Rai è imbrigliata in lacci e lacciuoli a non finire”. 

Oggi si preferisce ricorrere a programmi urlati e maleducati, con conduttori compiacenti o scelti per il loro appeal fisico sul pubblico; i candidati si confrontano con sedicenti tuttologi e opinionisti, sempre gli stessi, che si insultano sulle stesse scene da oltre venti anni. Il tutto a scapito dei contenuti politici e dei programmi elettorali. TikTok c’era solo da aspettarselo; ne è la naturale conseguenza e ci si chiede come mai sia giunto così tardi.

Un’ultima osservazione. E’ evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri socialnetwork) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento. 

Sono le parole utilizzate dal Tribunale di Roma in una vicenda che ha visto coinvolte Facebook e TikTok. Il futuro del dibattito politico, è social. Bellezza!

Dietro la morte di Archie: quella tragica sfida sui Social di cui nessuno parla