Caos sanità nel Lazio: ‘Terapia intensiva improvvisata a Velletri: costretta a trasferire mio padre in fin di vita a mie spese in una struttura privata’. La denuncia della figlia

Ci sono voluti i carabinieri. E a un certo punto mancava solo la trasmissione “Chi l’ha visto?” per ritrovare un paziente fragile, perso nel caos della sanità pubblica laziale del governatore Francesco Rocca. È successo a Velletri.
Un padre anziano e grave, prima sistemato in una terapia intensiva improvvisata dentro una stanza del Pronto Soccorso, accanto a un frigorifero di farmaci e personale che entrava senza protezioni. Poi, scomparso nel nulla: “Non risulta qui”, rispondevano i sanitari.
Alla fine, la ricerca è passata dai carabinieri. E quando finalmente il paziente è ricomparso, la risposta dell’ospedale, come ci riferiscono i parenti, è stata questa: “Portatelo a casa, qui non può restare”.

Se hai i soldi ti curi…
A casa, però, una terapia intensiva non c’è. Così la famiglia deve trovare una struttura privata — senza terapia intensiva — pagando di tasca propria. Per garantire almeno un po’ di dignità negli ultimi giorni. Nel frattempo, ci raccontano che la sanità funziona, tra sorrisi e numeri da spot. Ma la realtà è questa: se sei fragile, rischi di sparire. E se vuoi un posto sicuro, devi pagartelo.
La denuncia dei familiari
Ma la famiglia non vuole far passare sotto silenzio quello che sta subendo. E quindi ha deciso di pubblicare un post su Facebook, per rendere nota a tutti la brutta esperienza. Ecco le parole della figlia dell’uomo. “A Velletri hanno adibito la terapia intensiva in una stanza del pronto soccorso, dove c’è anche un frigorifero dei farmaci. Il personale sanitario proprio, perché di fatto è un ps, entra senza presidi sanitari, quindi mandando a far benedire tutte le norme igienico sanitarie che si riservano alla terapia intensiva”, scrive la donna.
La donna è fuori di sé. “Io, figlia di uno dei pazienti, mi sono sentita dire pure che devo ringraziare Dio perché a mio padre hanno riservato un posto letto lì, in quell’inferno dantesco”. Quindi, vedendo le immagini del pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata, dove un infermiere ammette che i pazienti vengono legati al letto per poterli tenere sotto controllo, visto che c’è poco personale, con un solo medico ogni 30 o 40 malati (che – parole dell’infermiere – possono quindi aggravarsi senza che il personale se ne accorga, proprio a causa della carenza), quello che racconta la donna sembrerebbe davvero da ringraziamento a tutti i santi. Ironicamente parlando, ovviamente.
Paziente… scomparso
“Il colmo – prosegue la figlia dell’anziano paziente – è stato raggiunto ieri mattina, quando, dopo la telefonata delle 22 della sera precedente per comunicarmi che c’era un posto letto in terapia intensiva a Rieti, scopro che a Rieti il paziente non è mai arrivato. Chiamo per ben due volte a Velletri e mi si dice che mio padre non è lì. E che hanno chiuso la cartella clinica al mezzanotte e mezza. Non mi resta altro che chiamare i carabinieri, sconcertati anche loro.
Mi dicono di recarmi in caserma, per poi andare insieme al nosocomio. Durante il viaggio mi chiama finalmente un medico, il quale mi dice che c’è stato un errore nella registrazione al rientro del paziente, non era stato registrato”.
“Servono i posti, lo porti a casa”
Il racconto della figlia prosegue con altri dettagli sempre più sconcertanti. “Arrivo quindi in ospedale e parlo col medico che sta programmando di nuovo il trasferimento. Nel precedente trasferimento papà ha avuto fibrillazione e sono tornati indietro. Arrivano i sanitari (santi e benedetti questa volta) dell’ambulanza, compreso il medico anestesista. Lui mi dice che papà non è trasportabile così lontano e mi consiglia di rifiutare il trasferimento, io firmo”.
Dopo aver firmato chiedo se papà deve allora rimanere lì a Velletri. Il medico (dell’ospedale) mi risponde di no e che dovrei portarlo a casa, io resto di sasso. Chiedo a costui se papà ha bisogno della terapia intensiva. Lui risponde di sì. Faccio presente allora che a casa non ho una terapia intensiva, la risposta è che lì il paziente non può soggiornare perché servono i posti…”
L’aiuto dei carabinieri
La donna, oltre che allibita, è anche disperata. Le condizioni del padre non serie. Non può portarlo a casa, morirebbe. E non può lasciarlo in ospedale a Velletri, perché non ce lo vogliono, servono i posti. Posti che non ci sono. La sanità pubblica ha fatto tagli ovunque. E non guarda in faccia nessuno. Al limite guarda i portafogli. Quindi, si mette mano a quelli.
“Sono tornata dai carabinieri – prosegue la donna – e con loro abbiamo trovato una struttura (sprovvista di terapia intensiva) vicina che aiuterà papà negli ultimi giorni, tutto naturalmente a nostre spese, compreso il trasporto in ambulanza. A chi pensa che sarebbe meglio portarlo a casa rispondo che a casa c’è mamma che ha 84 anni e dopo un consulto con i familiari più a noi vicini ho deciso che vorrei risparmiarle di vedere il marito, con cui ha condiviso 62 anni della sua esistenza morire sotto gli occhi. Almeno un genitore voglio salvaguardarlo per quanto possibile”.
La replica della Asl
La Direzione della Asl Roma 6 ha chiesto formalmente la pubblicazione di una rettifica e del diritto di replica all’articolo da noi pubblicato, “sottolineando la professionalità del suo personale e valutando azioni legali per diffamazione”. E, smentendo “categoricamente le gravi inesattezze e falsità diffuse nel vostro articolo inerenti la gestione clinica del paziente”, ci accusa, in pratica, di aver scritto che sono stati chiesti soldi per il servizio svolto dal pronto soccorso.
Ma noi abbiamo solo raccolto il racconto della figlia del paziente. E, come si può leggere nel nostro articolo, non abbiamo mai scritto, né lo ha affermato la signora, che sono stati chiesti soldi. Ma che la donna avrebbe dovuto far trasferire il padre in una struttura privata. E il trasferimento sarebbe stato a sue spese (“Sono tornata dai carabinieri – è il testo di quanto affermato dalla donna – e con loro abbiamo trovato una struttura (sprovvista di terapia intensiva) vicina che aiuterà papà negli ultimi giorni, tutto naturalmente a nostre spese, compreso il trasporto in ambulanza”).
Il testo della replica
“Il 3 giugno 2025, alle 07:32, un uomo di 91 anni è arrivato al Pronto Soccorso di Velletri per uno svenimento (episodio sincopale). Un ECG ha mostrato alterazioni al tratto ST, indicando un potenziale problema cardiaco. Il paziente è stato subito portato nella Sala Codici Rossi per approfondimenti e valutazioni cardiologiche con ecocardiogramma. Le decisioni sono state basate su osservazioni cliniche ed esami, e nessun costo è stato richiesto alla famiglia per eventuali trasferimenti necessari.
Il 4 giugno 2025, alle 23:53, ARES 118 ha comunicato la disponibilità di un posto in Terapia Intensiva (UTIC) a Rieti, e i familiari sono stati informati. Il paziente è partito in ambulanza con medico a bordo alle 00:30 del 5 giugno 2025 per l’Ospedale di Rieti. Durante il viaggio, i familiari hanno cercato il paziente al Pronto Soccorso di Velletri, ma l’infermiere ha spiegato che la sua cartella era chiusa per il trasferimento in corso.Poco dopo, a causa di un’aritmia (problema al battito cardiaco) insorta durante il tragitto, il medico dell’ambulanza ha deciso di annullare il trasferimento a Rieti e riportare il paziente a Velletri. Il paziente è rientrato al Pronto Soccorso di Velletri alle 01:32 del 5 giugno 2025, dove è stato nuovamente stabilizzato per l’aritmia. Successivamente, alle 15:28 del 5 giugno 2025, la figlia del paziente ha rifiutato il trasferimento a Rieti. Dopo una completa stabilizzazione, il paziente è stato trasferito definitivamente all’UTIC dell’Ospedale di Frascati il 6 giugno 2025, alle 15:45.
La Direzione della Asl Roma 6 ribadisce con fermezza che l’intero percorso assistenziale del paziente è stato gestito con la massima professionalità, trasparenza e dedizione da parte di tutto il personale medico, infermieristico e di supporto”.