Intenso e struggente dibattito sul libro di Augello (video)

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Il libro di Andrea Augello “C’era una volta mio fratello”, uscito vent’anni dopo la morte di Tony, chiude in un certo senso un’epoca. Alla partecipata presentazione del libro a Roma c’erano Goffredo Bettini, Gaetano Quagliarello, Francesco Storace e l’autore del libro. Ha moderato il dibattito Luca Telese. Bello l’intervento di Goffredo Bettini, che racconta i suoi anni di piombo e la scelta che lo portò al Pci. “Scelta uguale e contraria a quella dei fratelli Augello ma con la stessa passione”. Bettini ha concluso il suo intervento citando addirittura i Pisan Cantos di Ezra Pound, in cui il poeta loda l’azione e critica il non fare. E dice: “Sia i fratelli Augello sia io non abbiamo mai però smesso di fare, e questo forse ci salverà”.

La vita di Tony Augello raccontata dai relatori

Telese, conoscitore del mondo della destra italiana, ha raccontato le varie liturgie del Msi di quegli anni e ha sottolineato che tutti dicono di non rimpiangere quel periodo, pur con tutte le sue violenze e contraddizioni. Per Gaetano Quagliarello il libro parla di “una guerra civile alla quale ho partecipato però come spettatore, in gioventù ero radicale e quindi le prendevo da tutti e due. Poi ero non violento. Leggendo il libro poi mi ha appassionato, perché ho anche scoperto che Tony aveva frequentato il mio stesso liceo, l’Orazio Flacco di Bari”. Quagliarello ha poi ricordato che l’Italia di allora era l’Italia dei partiti, modello dominante. In realtà in Italia – dice – sono esistiti più che dei partiti, degli autentici mondi. Erano qualcosa di più avvolgente, oggi incomprensibile, c’era il Msi, il Pci, persino la Dc era un mondo. “E queste dimensioni gli storici e i politologi non riescono a spiegarle. E se non ci fossero libri come questo di Andrea, si perderebbe il vissuto e il portato politico di quegli anni. Per noi insomma la politica era la proiezione della vita nello spazio pubblico, una meravigliosa avventura. E questo comporta l’amore per una comunità, il tentativo di dare un senso a tutto”.

Storace ha sottolineato le grandi intuizioni politiche di Tony Augello

Francesco Storace, attuale vicedirettore del Tempo e già governatore della regione Lazio, ministro della Salute e deputato, che di Tony Augello era molto amico, ha ringraziato commosso. Per l’occasione di ricordare un’epopea: “Grazie Andrea, perché mi fa piacere ritrovarmi a ricordare dei grandi uomini, perché anche i vinti sempre si ritrovano. Eravamo una comunità, tante persone che si battevano per il diritto alla rappresentanza. A Goffredo voglio dire, pensando ai miei anni di piombo, che era davvero insopportabile pensare di non poter rientrare a casa la sera. Ma rimpiango le passioni di quegli anni. Però vorrei che la Costituzione italiana, la cui mistica è sempre citata, non fosse più usata per destrutturare l’avversario. Riguardando anzi la Costituzione, si dovrebbe riuscire a trovare finalmente la pacificazione nazionale”.

“Fu Tony che costrinse Fini a candidarsi al Campidoglio”. Sconfitta da cui nacque la vittoria

Storace ha ricordato anche la vittoria di Silvano Moffa alla provincia nel 1999, che fu un’intuizione felice di Tony, che capì dove la sinistra poteva essere sconfitta, come fu. Quindi trovare rappresentanza dove la gente si sentiva abbandonata: nei comitati di quartiere, nelle scuole, dove ci andavamo noi, ha ricordato Storace. Perché bisognava evitare il protagonismo della sinistra in questi campi dove si sentiva padrona da troppi anni. “Fu allora che preparammo un percorso di vittorie politiche. Fu sempre Tony che convinse o costrinse Fini a presentarsi a sindaco di Roma nel 1993, circostanza storica da quale partì la stagione della vittoria pur essendo stati sconfitti”. Storace poi ha ricordato tutto il percorso politico istituzionale di Tony, dicendosi certo che oggi sarebbe potuto essere un grandissimo sindaco.

Andrea Augello: era necessario concludere il lascito di mio fratello

E’ intervenuto infine Andrea Augello, da remoto, perché reduce da una polmonite. “Questo libro è stato scritto perché c’era la necessità di concludere il contenuto di un lascito, quello di mio fratello. Sia a destra sia a sinistra le generazioni cambiavano, e non tutti riuscirono a capire il cambiamenti di quegli anni”. Augello ha criticato soprattutto un certo tipo di antifascismo strumentale, che morì definitivamente quando Pertini venne a rendere omaggio al capezzale di Paolo Di Nella nel febbraio 1983. Ma molti, in cattiva fede, finsero di non accorgersene e lo fingono ancora adesso. Tutto il mondo subiva trasformazioni in quel periodo, e cose che venivano considerate normali, poi vennero messe in discussione improvvisamente.

Nel nome dell’antifascismo nacque il terrorismo delle Brigate Rosse

“Anche noi a destra dovemmo risolvere molte contraddizioni, come la sinistra, che vide nascere nel nome dell’antifascismo il terrorismo e le stragi. Un’altra preoccupazione di Tony era di fare sul serio una battaglia civile, che non doveva essere solo di una parte, ma di tutti. Altrimenti la politica è una schifezza. Perché la politica ha bisogno di grandi storie che possano essere raccontate, di grandi protagonisti, di grandi emozioni. Tutte cose di cui invece oggi la politica è piuttosto avara. Uno dei grandi oggetti smarriti negli ultimi decenni – ha concluso – è qualcosa per cui valga la pena di vivere o di morire. A questo deve servire il libro, libro che mi è costato molto scrivere dal punto di vista emotivo”.