Dal lockdown le donne sono uscite più stressate e insoddisfatte

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Lockdown e smartworking sembrano aver fatto emergere, talvolta amplificandolo, il gap di genere esistente nelle relazioni familiari. Ma anche nelle condizioni di lavoro e nei sentimenti prevalenti rispetto al futuro. Ad affermarlo sono i dati raccolti attraverso il sondaggio online promosso dalla Fondazione Libellula, che riunisce un network di oltre 30 aziende italiane impegnate nella lotta alla discriminazione e alla violenza di genere. Al questionario, lanciato nella prima metà del mese di maggio, hanno risposto quasi 1.000 lavoratori e lavoratrici di qualsiasi azienda e settore, principalmente donne (82,8% contro il 17,2% di uomini), di età compresa tra i 30 e i 60 anni e circa la metà (52,4%) con figli/e.

Dal lockdown una dura prova

Più della metà di chi ha partecipato al sondaggio ha un ruolo impiegatizio (53,6%), a seguire quadri (10,7%) e operai/operaie (8,0%). La quarantena sembra aver rafforzato alcuni stereotipi di genere, per esempio quello che vede le donne impegnate nella cura della casa e dei figli (30,9% le donne che dichiarano di occuparsi prevalentemente loro dei figli, solo il 1,4% degli uomini intervistati dichiara lo stesso) e gli uomini soprattutto dediti al lavoro (l’83,9% dichiara di aver trascorso il loro tempo soprattutto lavorando). Persistono inoltre stereotipi che regolano la suddivisione dei ruoli e la vita in famiglia (esempio: è meglio privilegiare e tutelare il lavoro dell’uomo; è preferibile che sia la donna che si occupi dei bambini).

Si confermano degli sterotipi di genere

Durante l’isolamento la percentuale di donne che dichiara di non aver lavorato (20,0%), cassa integrazione, attività interrotta o congedo parentale, è maggiore di quella degli uomini (9,9%). Al di fuori dell’orario lavorativo l’attività principale a cui si sono dedicate le donne sono state le faccende domestiche (47,7%, contro il 30,4% degli uomini), mentre quella degli uomini è stata l’intrattenimento come musica, film, tv, giochi e hobby personali (63,4%, contro un 35,1% delle donne). Le differenze tra i generi per queste attività aumentano sia in presenza di figli/e (faccende domestiche: 53,6% donne, 23,6% uomini) sia considerando chi vive con un/una partner (intrattenimento: 63,1% uomini, 31,3% donne).

L’uomo dà priorità al suo lavoro più della donna

I dati sull’organizzazione delle attività per chi vive in famiglia dimostrano che gli uomini danno la priorità al proprio lavoro più delle donne (38,3%, contro 28,3%) e che la presenza di figli/figlie modifica la priorità che le donne attribuiscono al lavoro (il dato femminile scende al 17,4%), mentre non intacca quella degli uomini (38,8%). Per le donne tra le emozioni prevalenti durante l’isolamento vi sono state ansia, tristezza, frustrazione e paura. Molti uomini affermano di aver provato invece rilassamento o di non aver provato particolari emozioni.

Tristezza per le donne che vivono da sole

Il 51,7% delle intervistate che vivono da sole hanno provato tristezza (contro il 23,5% degli uomini che vivono da soli). Molte segnalano la solitudine come importante causa di stress. Significativa la percentuale di uomini che non si ritengono stressati (14,9%, contro il 5,7% delle donne). E quella, tra chi vive da solo, di chi ha provato serenità (41,2%, contro il 17,2% delle donne che vivono da sole). Tra i sintomi prevalenti provati da lavoratori e lavoratrici irritabilità, insonnia e agitazione (tutti provati in misura maggiore dalle donne). Il livello di stanchezza e carico mentale è percepito come aumentato soprattutto dalle donne. Le principali azioni ritenute utili, da donne e uomini, per facilitare la ripresa in azienda. Proseguimento e potenziamento dello smartworking. Poi flessibilità oraria, ascolto delle esigenze dei nuclei familiari e strumenti ad hoc per entrambi i genitori, supporto concreto alle famiglie con bambini.