Dopo l’incendio di Centocelle esplode la polemica sugli autodemolitori

Esplode la polemica sugli autodemolitori. Dopo l’ultimo drammatico incendio dell’altro giorno, ai margini del parco di Centocelle. Perché le fiamme hanno raggiunto gli sfasci sulla Togliatti, provocando un’alta colonna di fumo nero. Tra esplosioni, e probabile presenza di diossina nell’aria. Così, la domanda è sempre la stessa. Perché questo tipo di attività si trovano in un’area vincolata? A chi spetterebbe delocalizzarli, e perché non è stato ancora fatto nulla? La prima risposta è relativamente semplice. I demolitori a Roma sono un centinaio, 26 su via Palmiro Togliatti. E sono arrivati qui prima che venisse ampliato il perimetro del parco. Ora però, è chiaro che queste attività siano incompatibili con lo stato dei luoghi. E tra l’altro, vicini anche alle case. Ma le diverse amministrazioni comunali che si sono succedute, non sono riuscite a risolvere il problema. Fino a che la giunta Raggi, nel 2018 ha proceduto a sospensione delle autorizzazioni. Che però non ha resistito ai ricorsi al TAR. Proprio perché mancava un piano alternativo. Per garantire agli sfascia carrozze di poter lavorare. Ultimo atto, le accuse tra comune e Regione. Di chi fosse la competenza per adottare un nuovo piano. E adesso la palla passa a Gualtieri.

Autodemolitori, il Comune riprova a cacciarli. Ma il rischio è di un altro buco nell’acqua

Tutte le tappe dell’odissea degli sfasci sulla Togliatti fino all’incendio dell’altro ieri

Sul territorio della Capitale gli autodemolitori sono un centinaio. Poco meno di un terzo, 26 nella specifico, si trova a Centocelle, collocato su un terreno di proprietà privata ma che successivamente alla loro presenza è stato vincolato (con vincolo paesistico relativo al comprensorio Ad Duas Lauros, apposto con decreto del 21 ottobre 1995 dal ministero per i Beni culturali), occupando circa quattro ettari del confine orientale del parco. I cittadini impegnati per la riqualificazione del quadrante insistono da tempo sulla necessità di collocarli altrove. Perché oggettivamente incompatibili per il tipo di attività esercitata (trattano e smaltiscono rifiuti classificati per lo più come pericolosi secondo le tabelle dei codici CER) con un’area verde che ospita reperti archeologici. Senza contare l’estrema vicinanza dalle case che affacciano sulla Togliatti e su via Papiria.

Centocelle poi non è un caso isolato. Dello scorso maggio il sequestro di un autodemolitore in via del Foro Italico. Operava su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico. Troviamo autodemolitori anche in via dell’Almone, VII municipio, a ridosso del parco dell’Appia antica e della sorgente dell’acqua Egeria. Colpiti nel 2009 da un incendio molto simile per dinamica e dimensioni a quello di sabato a Roma est, che però nulla ha smosso.

Le attività, alcune irregolari finite sotto sequestro all’interno di indagini per reati ambientali, vanno tutte avanti a suon di proroghe semestrali e annuali a concessioni scadute. Nelle more di una delocalizzazione mai arrivata. Un paradosso trentennale che attende soluzioni definitive, con gli stessi operatori che più volte hanno chiesto di essere messi in regola.

Dalla direttiva europea agli accordi di programma (mai rispettati)

Di spostare gli impianti lontano dai centri abitati le istituzioni ragionano da un po’. Con il decreto del Presidente della Repubblica, DPR 915/82, fu prevista la realizzazione di opere di adeguamento (previa autorizzazione amministrativa) entro un termine fissato dalle Regioni e comunque entro il 31 dicembre 1986. Oltre all’individuazione di aree idonee in cui delocalizzare gli impianti di trattamento e stoccaggio dei rifiuti, sulla base di criteri delineati dal Piano regionale.

Quindici anni dopo, nel ’97, un accordo di programma fra Comune, ex Provincia e Regione (i tre enti competenti sul tema) pianifica la realizzazione di cinque “Isole di bonifica” (Osteria Nuova, Santa Palomba, Infernaccio, via Aurelia, via Prenestina). Esterne al raccordo o in zone limitrofe, dove trasferire gli impianti. Con entrambi i provvedimenti però non si va oltre le carte.

Ci hanno provato tutti. Ma nessuno ci ha messo la faccia

Nel 2000 interviene l’Europa a richiedere di spostare gli impianti di demolizione con una direttiva comunitaria specifica, recepita a livello italiano dal decreto legislativo 209 del 24 giugno 2003. “Nell’individuazione dei siti idonei alla localizzazione sono da privilegiare – si legge nel documento – le aree industriali dismesse; le aree per servizi e impianti tecnologici; le aree per insediamenti industriali ed artigianali”. Nello stesso testo di legge vengono anche escluse le aree vincolate (vedi allegato I al testo di legge).

Nel 2003 il Consiglio comunale sceglie, su indicazione regionale, la collina dell’Infernaccio (XV municipio) come sito idoneo ad accogliere un grande centro di demolizione, la cui realizzazione viene siglata da un accordo del 2007 tra il consorzio Lucio Corda (13 ditte di rottamatori) e il Campidoglio. Ma anche in questo caso, il Municipio si oppose. E salto’ tutto. Poi i tentativi di Alemanno, e di Ignazio Marino. Della Raggi abbiamo detto. E ora tocca a Gualtieri. Che potrebbe avere un vantaggio. Quei poteri commissariali sui rifiuti inseriti nel decreto Aiuti. Una cosa è certa, la decisione non può più attendere.