È morto monsignor Fabbri, il prete del caso Moro, disse: “So cose che non potrò mai dire” (video)

È morto ieri 25 febbraio, monsignor Fabio Fabbri, testimone chiave della trattativa avviata dal Vaticano per liberare Aldo Moro, nella primavera del 1978.
Fabbri, che aveva 79 anni, fu il braccio destro di don Cesare Curioni, cappellano delle carceri, che gestì la trattativa umanitaria voluta dallo stesso Papa Paolo VI per salvare la vita al leader democristiano, rapito il 16 marzo del 1978 dalle Brigate rosse e poi ucciso il 9 maggio dello stesso anno.

Il sacerdote più volte offrì la sua testimonianza su quella vicenda. Da ultimo, lo scorso maggio, venne resa nota una sua lunga intervista-video, all’interno del docufilm Non è un caso, Moro, firmato dal regista Tomaso Minniti e dal giornalista d’inchiesta Paolo Cucchiarelli.
Monsignor Fabbri e quelle frasi misteriose sul caso Moro
“È come se all’ultimo fosse arrivato l’ordine di scuderia da fuori che ha detto ‘No, no! Fatelo fuori subito quest’uomo’. Gli attori erano tanti, a livello proprio mondiale, erano tanti: e tra gli americani tra gli inglesi, i francesi e poi ce n’erano altri, e i servizi”, spiegava Fabbri, esprimendo la convinzione che la trattativa per la liberazione stava per andare a buon fine, ma venne poi bruscamente interrotta. “Curioni – dice don Fabbri – era convinto che una forza di queste, non si sa per quale ragione, ha detto: ‘No! Evitiamo’ tanti problemi ‘e eliminiamo la storia’”. Fabbri ricostruisce la trattativa, che aveva già visto il Vaticano preparare a Castelgandolfo il riscatto da 10 miliardi (“Non erano soldi Ior, ma banconote raccolte in un fascicolo con caratteri ebraici, era la banca di Tel Aviv”).
Moro era quasi sul punto di essere liberato, ma sarà ucciso al termine di un tira e molla drammatico. “Piperno capì che cosa noi volevamo, gli dissi: ‘attenzione noi non è che vogliamo fare cose illegali, però vogliamo far sapere che c’è chi, nel versante delle istituzioni, si muove per cercare una soluzione, non sta lì ad aspettare che avvenga l’omicidio’, ricorda don Fabbri.
L’intervista termina con una domanda senza risposta: ‘C’è qualcosa che lei non può dire?’, viene chiesto al religioso: “Sì, devo dire di sì”, ‘E’ una cosa decisiva? Riguarda la morte?’, “capisce che questa risposta mi mette in una strana condizione, futuribile. Se un domani mi trovano in un fosso, o da qualche parte, non c’è bisogno di andare in Egitto o di qui o di là per essere fatti fuori”.