Facebook, per il logo Meta un’azienda romana porta il colosso Usa in tribunale

Si tratta della classica battaglia di Davide contro Golia. Ma un’azienda romana non demorde. E come spiegano i suoi fondatori, adesso vuole portare il colosso Facebook in tribunale. L’accusa, quella di contraffazione. Tutto risale all’autunno del 2021, quando il colosso del web fondato da Zuckerberg ha deciso di passare alla piattaforma Meta. Ed ha elaborato un nuovo simbolo, che troviamo al lato della nostra pagina o del nostro profilo. Una sorta di grande lettera M stilizzata. Solo che pare, che il logo non fosse originale. Ma già usato e registrato da altri. Appunto, da una piccola (almeno a confronto del colosso americano) azienda con sede nel cuore della capitale. E i titolari adesso chiedono giustizia.

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Davide contro Golia. Ma Facebook rischia un maxi risarcimento

L’accusa è quella di contraffazione. Perché il simbolo Meta sarebbe identico a quello della Maim. Secondo i fondatori della società di comunicazione web romana, Fabio Perugia e Daniel Funaro, l’azienda americana avrebbe copiato il logo che riproduce una grande M stilizzata e tondeggiante. Utilizzato in prima battuta da Maim e poi ripreso da Facebook.

Le argomentazioni degli avvocati cui si è affidata Maim si basano principalmente sui tempi. L’azienda con sede nel cuore della Capitale ha iniziato a utilizzare il logo nell’aprile del 2020. La domanda di deposito del brevetto per l’uso in Italia, Gran Bretagna, Europa, Stati Uniti e Israele risale al 26 aprile 2021 ed è stata vidimata a fine ottobre 2021. Meta invece ha utilizzato la grande M per la prima volta sempre nell’ottobre 2021 – risulta una registrazione il 5 ottobre 2021 in Giamaica -. Ovvero il mese in cui Zuckerberg ha svelato il cambio nome e il passaggio da Facebook a Meta. Ma le domande per usare il logo in Europa avanzate dalla società sarebbero ancora pendenti. Il simbolo Meta, sottolineano da Maim, non risulta invece registrato in Italia.

I titolari, all’inizio ci veniva da ridere. Ma il problema esiste e ci siamo dovuti tutelare

“Il giorno della presentazione di Meta ci sono arrivate decine di messaggi – spiega Perugia -. Sulle prime ci è venuto da ridere. Clienti e amici ci chiedevano se ci avessero copiato il marchio. Poi chi ci conosce meno ha iniziato a domandare se fossimo stati noi a prenderci il logo di Facebook. A quel punto ci siamo dovuti tutelare”. Il nodo è proprio il settore in cui operano le due aziende, come conferma ancora Perugia.  “Le classi di registrazione dell’attività, se non uguali, sono limitrofe. Meta svolge la nostra stessa attività – spiega ancora il co-founder di Maim -. Relazioni esterne, advocacy, campagne di comunicazione”. Maim si è mossa su due fronti per tutelare i propri interessi: da un lato un atto di citazione in giudizio depositato al tribunale civile di Roma, per cui spera di avere risposte entro la fine dell’autunno – nonostante i lunghissimi tempi della giustizia a rappresentare un ostacolo -. Dall’altro l’opposizione al marchio direttamente agli Uffici Marchi, il cui esito dipenderà però da come Meta intenderà muoversi e da dove ha registrato il marchio. E il giudizio potrebbe essere pesante. Perché se le accuse venissero provate, si potrebbe arrivare a un maxi risarcimento. E perfino ad una inibitoria all’uso del marchio Meta in Italia. Ma ovviamente, si tratta di una storia tutta da scrivere. E l’ultima parola spettera’ ai giudici del Tribunale.