Ignazio La Russa, la vita di un fratello d’Italia nella Milano degli anni di piombo

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E così Ignazio La Russa, volto molto noto nella politica italiana, è diventato presidente del Senato alla prima botta. Una vita a destra, si è detto. Certo, e non poteva essere altrimenti, considerate le sue esperienze nella Milano che ai tempi era tutt’altro che “da bere”, ma dove si moriva con estrema facilità se appena eri sospettato di non essere comunista. E dove ti volevano mettere fuorilegge solo perché avevi una idea che differiva da quella imperante imposta. “Casco, spranga! Arrivano i katanga!”, era lo slogan con cui gli estremisti di sinistra della Statale di Milano, detti appunto i katanghesi, aggredivano gli oppositori politici. Già a Roma negli anni Settanta c’era poca agibilità per i “fascisti” o quelli considerati tali, ma a Milano non ce ne era nessuna. I missini vivevano asserragliati nella Federazione di via Mancini, sottoposta a quasi quotidiani assalti.

I milanesi tennero sempre alto il tricolore

Ma per i “camerati” milanesi questo non fu mai un ostacolo: nel 1975 La Russa e altri coraggiosi dettero vita a una delle prime radio libere d’Italia di destra, Radio University, che aveva l’antenna sul terrazzo di Franco Servello, altro esponente missino di rilievo. Inoltre erano tutti perseguitati dal giudice Bianchi d’Espinosa, che si era messo in testa, insieme con una corte nutrita di psaudo intellettuali antifascisti, di mettere il Msi fuorilegge. Senza fondamento giuridico, ovviamente la cosa non passò mai, ma molte furono le denunce e i processi a carico dei missini, anche parlamentari, per questo “reato” di opinione. La Russa è del 1947, quindi il fascismo non lo ha vissuto neanche in minima parte, come ebbe a dire lui stesso in più di un’occasione: “I conti col fascismo li abbiamo fatti a Fiuggi, ora basta…”.

I La Russa, una famiglia di politici

Ha ricoperto moltissime cariche istituzionali, consigliere regionale, deputato, senatore, ministro, vice presidente della Camera e del Senato. Oltre alle cariche di partito: presidente di Alleanza Nazionale, presidente di Fratelli d’Italia (prima di Giorgia Meloni) e, prima ancora, negli anni Settanta, responsabile del Fronte della Gioventù di Milano. Viene da una famiglia di politici: il padre Antonino fu podestà fascista del paese di Paternò, nel Catanese, dove anche Ignazio è nato, e poi senatore del Msi. Il fratello Romano era euro parlamentare di Alleanza nazionale e assessore alla regione Lombardia. L’altro fratello Vincenzo è stato parlamentare della Dc (la pecora bianca, lo chiamavano in famiglia).

Tra i fondatori di Fratelli d’Italia

Ignazio La Russa rappresentò la famiglia Ramelli nel processo agli assassini. Era poi a Milano quando i terroristi uccisero il suo amico Enrico Pedenovi nel 1976. Inoltre in quegli anni difese – gratuitamente – molti ragazzi del Fronte della Gioventù accusati di questo o quel reato. Insomma, La Russa ne ha viste tantissime, nella sua Milano, dagli assalti alla federazione agli scontri di piazza San Babila. All’omicidio dell’agente Marino, ai fatti di sangue che avvenivano ogni giorno, senza che i missini come La Russa potessero far nulla per impedirlo. Negli anni successivi, stemperatasi la violenza, La Russa è rimasto coerentemente dalla parte giusta, attraversando tutte le tempeste di quel mondo: il Msi, Alleanza nazionale, il Pdl, il berlusconismo e, oggi, Fratelli d’Italia, che lo stesso La Russa contribuì a fondare nel 2012.

Una fratellanza formatasi negli anni di piombo

Ignazio La Russa fece sempre parte del gruppo dei cosiddetti “almirantiani”. Fini, Gasparri, Tatarella, De Corato, Grilz, Bocchino, Bornacin, Menia, Martinat e molti altri, oltre ai “milanesi” Mantica e Staiti di Cuddia. Ma di amici ne aveva e ne ha ancora tantissimi: vecchi e nuovi. Perché quella “brotherhood” formatasi nella Milano e nell’Italia di piombo, non si potrà mai spezzare. Non nella Milano di San Babila, semmai a quella di piazza Castello. Che sia questo il senso e lo spirito dei Fratelli d’Italia e del suo successo?