“Io non voglio fallire”. Il 4 maggio flash mob davanti a Palazzo Chigi
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“Io non voglio fallire”. Le partite Iva in ginocchio, ma non solo loro, hanno annunciato una manifestazione per il 4 maggio alle 15 a Palazzo Chigi. Le cifre della crisi sono impressionanti, le denuncia Confcommercio e altre associazioni di categoria ogni giorno. Praticamente tutti i settori stanno soffrendo, tranne la grande distribuzione e ovviamente le banche. I supermercati hanno addirittura alzato i prezzi. Ma i piccoli non li difende nessuno. Bar, ristoranti, parrucchieri, estetisti, artigiani, ambulanti, operatori dei mercati, floricoltori e tanti altri ancora. Solo Giorgia Meloni è scesa in piazza l’altro giorno con i suoi deputati e consiglieri regionali. Ognuno di loro reggeva un cartello con l’indicazione di una categoria.
“Io non voglio fallire”
Adesso molte attività promettono di scendere in piazza il 4 maggio davanti a Palazzo Chigi con uno striscione con su scritto “Io non voglio fallire”. I manifestanti, che parlano piuttosto di flashmob, hanno assicurato che saranno tutti un metro di distanza, così da rispettare l’ennesimo decreto. Poi saliranno sulle sedie che si saranno portati esibendo un cappio e la scritta “Conte, toglici la sedia”. I promotori della manifestazione hanno comunicato di aver chiesto il permesso alla questura, ma che lo stesso è stato negato. E hanno manifestato la volontà di andare lo stesso in piazza.
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“Il governo ci sta portando alla rovina”
Si tratta di imprenditori, liberi professionisti, partite Iva, artigiani, lavoratori dello spettacolo, del turismo, dello sport, ognuno col proprio abito da lavoro. La decisione è stata presa dopo che ci si è resi conto che questo governo sta portando alla rovina milioni di lavoratori. Non possiamo stare più fermi a guardare, hanno detto i promotori. E tutti gli interventi del governo si sono dimostrati inutili, inesistenti e otardivi. I soldi per le partite Iva non sono arrivati, così come le casse integrazioni, e nella maggioranza dei casi neanche i buoni-spesa. La situazione è davvero incandescente.
Le banche non vogliono concedere i prestiti promessi
A complicare tutto c’è anche l‘atteggiamento non collaborativo delle banche. Le verifiche ulteriori da parte delle banche con la valutazione del merito creditizio dei clienti che richiedono i finanziamenti fino a 25.000 euro introdotti col decreto Liquidità non sono previste dalla legge e stanno “significativamente rallentando le procedure” per l’erogazione dei prestiti garantiti dallo Stato per sostenere partite Iva e piccole e medie imprese. Lo denuncia Unimpresa sottolineando che per questo tipo di crediti la banca deve semplicemente e rapidamente accertare che il soggetto richiedente non abbia sofferenze o crediti deteriorati fino al 31 gennaio 2020 e non avere arretrati nei pagamenti superiori al 90 giorni, sempre fino al 31 gennaio 2020.
Gli istituti di credito rallentano le procedure
“La valutazione del merito creditizio, invece, è un giudizio prospettico, basato anche sull’analisi dei bilanci, che misura la capacità di un soggetto di poter rimborsare un finanziamento”, afferma Unimpresa. “E’ uno scandalo. Ogni giorno riscontriamo ritardi e lungaggini, figlie di disposizioni messe nero su bianco, anche nelle circolari interne di alcuni gruppi, che, in spregio alle norme e soprattutto allo spirito del decreto del governo, rallentano l’afflusso di liquidità a chi si trova in vera e propria emergenza”. Lo asserisce il vicepresidente di Unimpresa, Salvo Politino. “Per ovviare a questo tipo di disguidi – aggiunge – tutte le banche dovrebbero creare delle vere e proprie task force per gestire sia le procedure sia la comunicazione, quella interna e quella esterna per la clientela, ma senza trucchi e senza complicare gli iter per i finanziamenti”.