Le urla nel silenzio di Bruno Contrada: a 92 anni attende ancora rispetto dallo Stato
Si saprà soltanto dopo Natale se Bruno Contrada avrà finalmente giustizia. L’ex super poliziotto, che oggi ha 92 anni, ha infatti chiesto un risarcimento per l’arresto subito e la condanna avuta per concorso esterno in associazione mafiosa. Una sentenza incredibile che era stata bocciata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo.
Un giusto risarcimento che però è tutto tranne che scontato. Nell’udienza di giovedì, la Corte d’appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras, giudici a latere Mario Conte e Luisa Anna Cattina, si è riservata sulla decisione. “Contro di me – ha detto al termine dell’udienza l’ex super poliziotto finito nel tritacarne giudiziario – è stato fatto un processo iniquo. Ho ricevuto le infami accuse di criminali mafiosi da me contrastati per anni. Io Ho lottato per più di 30 anni contro criminali che mi hanno poi accusato”.
Il calvario giudiziario di Bruno Contrada è pressoché senza precedenti. Quindici anni di processo, una coda di altri cinque per dichiarare l’ineseguibilità della sentenza e ora, a quasi trent’anni dall’arresto per collusioni con la mafia (avvenuto il 24 dicembre 1992), la questione risarcimento, che nei giorni scorsi è arrivata alla quinta puntata. A 92 anni, Contrada chiede ancora di essere ripagato dallo Stato. Il legale dell’ex super poliziotto, l’avvocato Stefano Giordano, ha insistito nei motivi di ricorso.
Bruno Contrada, drammatico confronto con il procuratore generale
Al termine dell’intervento del sostituto procuratore generale Carlo Marzella, che ha ripercorso i momenti salienti della sua vicenda giudiziaria leggendo stralci della sentenza, Bruno Contrada, si è alzato, non senza difficoltà in quanto affetto da grossi problemi di deambulazione, mostrando il suo certificato penale. E rivolgendosi direttamente al pg Marzella, Contrada ha esclamato: “Ecco a lei il mio certificato penale: E’ nullo! io sono stato assolto. Io sono incensurato come risulta dal certificato. Ha capito? Lei mi accusa di cose non vere”. A quel punto è intervenuta la Presidente della corte Adriana Piras, che ha detto: “Lei non si può mettere a tu per tu con il procuratore, lei può fare tutte le sue dichiarazioni, ma non le è consentito in maniera assoluta di mettersi in interlocuzione diretta con il procuratore generale”. E Contrada di rimando: ” Non posso ammettere che si dicano cose non vere”.
Ma la verità, in questa vicenda, è stata sepolta da tempo tra veleni, corvi e depistaggi in una trama da romanzo di spionaggio. L’unico dato di fatto è che un servitore dello Stato deve ancora attendere che gli venga risarcita l’ingiusta detenzione. Sarebbe il minimo in un Paese civile.