Marco Zennaro è atterrato a Roma: è stato 11 mesi ostaggio del governo del Sudan. “Non ringraziamo la Farnesina, ci ha abbandonato”

Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano trattenuto per un anno ingiustamente in carcere in Sudan, è apena atterrato all’aeroporto romano di Fiumicino. Lo riferisce la Farnesina. “Dopo 361 giorni finalmente l’incubo è finito – dice il padre di Zennaro – Ringrazio mio figlio per essere sopravvissuto a quei 75 terribili e infernali giorni di detenzione. Ringrazio la famiglia per aver trovato in tempi brevi le risorse finanziarie per far cessare la detenzione”. Zennaro esprime un ringraziamento anche nei confronti dei dipendenti dell’azienda “per aver portato avanti l’attività con grande senso di responsabilità pur in assenza del loro titolare. Il mio pensiero – aggiunge – va a quelle 50 mila persone che hanno fatto sentire a Marco con manifestazioni sempre pacifiche l’affetto della comunità veneziana”.
Durissime parole contro la Farnesina: “Abbia il pudore di tacere”
Riguardo la Farnesina sottolinea: “Devo purtroppo denunciare il totale fallimento dell’istituzione italiana che incomprensibilmente non ha voluto risolvere un palese sequestro di persona a scopo di estorsione. Mi auguro che la Farnesina abbia il pudore di non rilasciare retorici comunicati perché se Marco è uscito da quell’inferno lo deve solo ed esclusivamente a sé stesso”. E al denaro raccolto da Unioncamere Veneto per pagare la cifra richiesta dal tribunale sudanese.

La vicenda di Marco Zennaro in Sudan
Marco Zennaro, 47 anni, è stato bloccato per 11 mesi in Sudan, dove si trovava per un viaggio d’affari. I problemi iniziarono per la denuncia presentata da un miliziano, che lo accusò di aver fornito una partita di trasformatori difettati e pretese da lui poco meno di un milione di euro. Sono seguiti tre procedimenti legali, tutti conclusi con l’assoluzione del veneziano, ma resta pendente una causa civile. Dopo aver trascorso 74 giorni in prigione, in condizioni igienico sanitarie terribili, il 14 giugno 2021 era stato scarcerato ma con il divieto di lasciare il Paese. I 200mila euro raccolti e consegnati in tribunale come garanzia, hanno finalmente consentito di sbloccare la situazione