Quei trenta diplomatici russi cacciati dall’Italia sono un segnale inquietante per tutti

30 diplomatici russi, Di Maio

Trenta diplomatici russi espulsi dall’Italia: una mossa senza precedenti nella storia della Farnesina e che ha sollevato inquietanti interrogativi in diversi schieramenti politici. Dalla Lega a Forza Italia, dal gruppo dei transfughi M5s all’ex sindaco di Napoli De Magistris.

Tutti con la stessa domanda, che rimane tuttora senza risposta: quali conseguenze comporta l’espulsione dei funzionari diplomatici? Un segnale allarmente, perché se è vero, come ci dicono ora, che questi funzionari di Mosca “complottavano” contro di noi, forse la vicenda è più antica. Lo conferrma l’arresto un anno fa del nostro ufficiale di marina Walter Biot, sotto processo proprio per l’attività di spionaggio per la Russia. 

In ogni caso, come ha ricordato il leader della Lega, Matteo Salvini, “le guerre nel 2022 non le vinci con i carri armati” per le guerre serve “la diplomazia, il buon senso”. Ed espellere quei trenta diplomatici russi non pare proprio un’azione di grande raffinatezza diplomatica. Sembra, piuttosto, un’azione decisamente muscolare. 

Il premier Mario Draghi ha chiarito le ragioni del provvedimento, intervenendo da Torino. “Una decisione presa in accordo con altri partner europei e atlantici”. Appunto: è sempre più chiaro che in questa guerra il telecomando è a Washington, saldamente nelle mani del presidente Joe Biden. Gli alleati europei appaiono, agli occhi dei più, meri comprimari.

Ma lasciamo parlare i numeri, che valgono più di qualsiasi dissertazione geopolitica. Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina i Paesi occidentali hanno finora espulso 315 diplomatici russi. Detto fuori dai denti, i prodromi non sono quelli di chi persegue una soluzione diplomatica. Anzi. E se la famosa de-escalation invocata l’altro giorno da Di Maio parte con 30 diplomatici russi espulsi, qualcosa non torna. “Se continua così, sarà opportuno chiudere la porta delle ambasciate occidentali”, ha replicato da Mosca l’ex premier russo Medvedev. “Sarà più economico per tutti. E poi finiremo per guardarci l’un l’altro in nessun altro modo che attraverso il mirino delle armi”.

Del resto, purtroppo la storia insegna: quando si tagliano tutti i ponti diplomatici, lo sbocco non è la pace. Ci si prepara alla guerra.