Ristoratori disperati: “Non ci suicideremo ma verremo a prendervi”

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Ristoratori disperati. A Roma hanno riaperto il 75 per cento dei ristoranti. Ma di qui al pareggio dei conti, la strada è ancora lunga. Anche perché per loro è stata una vera corsa  a ostacoli. Norme arrivate poche ore prima della riapertura, spese ingenti da sostenere, numero di coperti diminuiti e bollette e spese che corrono sempre. Per giunta in qualche caso l’accanimento delle guardie del regime che multano i ristoratori. E poi, dicono i ristoratori, moltissime norme sono inapplicabili.

I ristoratori: noi falliremo, ma verremo a prendervi

Il cartello che pubblichiamo a corredo dell’articolo è affisso in un ristorante di Roma, pubblicato sulla pagina fecabook di un ristoratore. Con un commento. “L’ondata di fallimenti e chiusure di queste imprese sarà senza precedenti. Stavolta però potrebbe finire diversamente. Se togli il pane dalla tavola delle persone, togli la sopravvivenza. Se togli la sopravvivenza, provochi la guerra civile”. Il cartello riassume in sintesi tutto quello che è capitato negli ultimi mesi. Il governo che promette e non mantiene. Gente disperata che minaccia di distruggere il suo stesso locale. Il soldi che non arrivano. “Ma noi non ci suicidiamo, promettono, piuttosto veniamo a prendervi”.

Un italiano su due non tornerà al ristorante

A complicare la situazione per i ristoranti c’è il fatto che un italiano su due probabilmente non tornerà al ristorante. Alcuni non hanno i soldi per farlo, grazie al governo, altri hanno paura. A dirlo l’indagine realizzata per Facile.it da cui emerge che più di un intervistato su due (54,5%) ha dichiarato che, almeno nella prima settimana di riapertura, non mangerà fuori casa perché non si sente sicuro. Il 22% è ancora indeciso e il 10,3% continuerà ad utilizzare la modalità di asporto o consegna a domicilio. Insomma, nonostante le fatiche di molti ristoranti, pizzerie e pub, sembra che solo il 13,3% degli italiani tornerà subito a mettere le gambe sotto al tavolo.

Ma il dato forse ancor più preoccupante, si legge nell’indagine, è che questa scelta non sembra essere momentanea ma pare corrispondere ad un cambiamento di abitudine più radicale. Alla domanda “Con quale frequenza, rispetto a prima dell’emergenza coronavirus, crede che andrà a pranzo o a cena in un ristorante, una pizzeria o un pub da qui alla fine del 2020?” Ssolo il 21,6% degli intervistati ha dichiarato che ci andrà con la stessa frequenza di prima. Il 60,4%, pari a quasi 26,5 milioni di italiani, ha invece ammesso che ci andrà meno spesso di prima, mentre il 16,8% addirittura non ci andrà proprio.