Roma, addio a 12 tra querce e alberi storici di villa Torlonia: ma il Campidoglio non ha un Piano di ripiantumazione

Sullo sfondo, villa Torlonia, in primo piano il sindaco di Roma Gualtieri e l'assessore Alfonsi

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A Villa Torlonia, uno dei parchi storici più noti di Roma, stanno per essere abbattuti dodici alberi, tra querce, pini, cipressi e robinie. Il Campidoglio ha dato il via libera all’abbattimento il 9 luglio (leggi il documento a fondo pagina), ma senza fornire alcun progetto concreto di compensazione ambientale.

L’autorizzazione è stata rilasciata dal Camdidoglio a seguito di una richiesta da parte della società incaricata della manutenzione del parco, così si legge tra le carte capitoline. Ma l’intera procedura solleva dubbi e perplessità: perché la proprietà dell’area, cioè il Comune di Roma, si comporta come se fosse un soggetto terzo, e non l’ente responsabile del patrimonio pubblico? Il parco di villa Torlonia, difatti, è pubblico dal lontano 1978.

La perizia tecnica e le autorizzazioni

Secondo la documentazione tecnica allegata alla richiesta, i dodici alberi presentano “propensione al cedimento” di livello D, ovvero il grado massimo di rischio previsto dalla classificazione fitostatica. La lista comprende due pini domestici (Pinus pinea), cinque lecci (Quercus ilex), due robinie (Robinia pseudoacacia), una fillirea latifoglia (Phillyrea latifolia), un cipresso (Cupressus sempervirens) e un altro leccio per cui si prevede una riduzione della chioma come prima misura.

L’abbattimento è stato autorizzato ai sensi dell’art. 146 del Codice dei Beni Culturali, trattandosi di area sottoposta a vincolo monumentale. Nulla da eccepire dal punto di vista formale: tutto è stato fatto secondo norma. Ma il punto politico resta.

Nessun piano di ripiantumazione

Nel provvedimento del Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, c’è un passaggio chiave: l’autorizzazione è concessa “a condizione che la proprietà proceda a presentare un progetto post-operam per compensare gli abbattimenti”.

Tuttavia, allo stato attuale, la proprietà, vale a dire il Campodoglio, un progetto di ripiantumazione non lo ha, almeno dalle carte rese pubbliche dal Campidoglio di tale progetto non si parla. Nessuna informazione pubblica, a tal proposito, si legge tra le carte. Nessuna comunicazione stampa è stata resa pubblica, a tal proposito, da parte dell’Amministrazione Gualtieri. Il rischio è che, come già avvenuto in altre aree verdi della città, gli alberi abbattuti non vengano mai sostituiti, lasciando spazi vuoti dove un tempo c’erano ombra, biodiversità e refrigerio naturale.

La strategia dell’ambiguità

A rendere la vicenda ancora più opaca è il comportamento del Comune stesso, che si presenta come ‘spettatore’ politico e non come protagonista amministrativo. La richiesta di abbattimento è formalmente attribuita alla società che cura la manutenzione, ma in realtà il soggetto “proprietario” è proprio l’Amministrazione comunale.

Una mossa che permette di far apparire l’intervento come “esterno”, quando in realtà le responsabilità sono pubbliche. Questo meccanismo, già visto in passato, serve spesso ad aggirare la discussione pubblica e a deresponsabilizzare l’Amministrazione comunale?.

Un patrimonio urbano trascurato

Villa Torlonia non è un parco qualunque: è uno dei polmoni verdi e storici della capitale, un sito vincolato, e ospita alberi secolari e specie pregiate. L’abbattimento di dodici esemplari non è una notizia da relegare a una nota tecnica: è un evento che incide sull’ambiente urbano, sul paesaggio, sulla vivibilità dei quartieri circostanti.

In assenza di un piano chiaro di ripiantumazione e manutenzione del verde, ogni taglio diventa una sottrazione definitiva. Eppure, il Comune continua a operare senza un apparente piano del verde, nemmeno per un parco storico come villa Torlonia, mentre la città soffoca sotto ondate di calore sempre più intense.

Una capitale che taglia ma non pianta

Quello di Villa Torlonia non è un caso isolato. Negli ultimi anni, Roma ha visto un continuo incremento di abbattimenti di alberi per motivi di sicurezza, ma quasi mai accompagnati da interventi di rimpiazzo. Il risultato è una città più calda, più secca, più fragile.

La retorica della “messa in sicurezza” non può giustificare un progressivo impoverimento del patrimonio arboreo cittadino. Tagliare un albero è facile, piantarne uno nuovo richiede programmazione, soldi e volontà politica. Tutte cose che, al momento, il Campidoglio sembrerebbe non avere.