Roma e i monumenti (anche famosi) a rischio crollo: i precedenti delle Mura Aureliane e della Domus Aurea

Roma, le Mure Aureliano crollate in passato

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Roma balla, crolla, sprofonda. Non per colpa di terremoti o catastrofi naturali, ma per l’effetto di anni di incuria, manutenzioni rinviate e controlli insufficienti. L’ultimo campanello d’allarme è arrivato con il cedimento della Torre dei Conti, a due passi dal Colosseo, nel cuore dell’antica capitale del mondo. Un crollo che, pur senza vittime, pesa come un monito: il patrimonio monumentale di Roma è fragile, e il rischio di nuovi cedimenti non è remoto.

A distanza di secoli dal sisma del 1349, che fece cadere una porzione del Colosseo, Roma continua a confrontarsi con un problema cronico: la mancanza di una manutenzione sistematica e di un piano stabile di tutela del suo immenso patrimonio archeologico e monumentale. Ogni crollo, puntualmente, riaccende l’allarme. Poi, cala il silenzio.

Dai Fori al Flaminio: la lunga lista dei cedimenti

Il caso della Torre dei Conti non è isolato. Solo pochi mesi fa, il 23 giugno, è toccato a un simbolo moderno della città: Goal, la grande scultura di Mario Ceroli realizzata per i Mondiali di Italia ’90. La struttura in legno e acciaio, alta 16 metri e pesante 35 tonnellate, si è piegata su se stessa nel quartiere Flaminio, vicino al Palazzetto dello Sport e a un’area giochi frequentata da famiglie e bambini. Anche in quel caso, per fortuna, nessun ferito. Ma il messaggio era chiaro: Roma non crolla solo nel suo passato millenario, ma anche nelle sue icone più recenti.

Nel 2022 un nuovo episodio: una porzione dell’arco di Porta Maggiore si è staccata alle prime ore del mattino, finendo a terra a pochi metri dai passanti. Il rischio tragedia fu concreto. E nel 2018, in via Campania, il solaio di un torrione d’epoca imperiale è collassato all’improvviso, a poca distanza da via Veneto. Nello stesso anno, un fulmine colpì la statua equestre di Garibaldi al Gianicolo, danneggiandola gravemente: un caso eccezionale, ma indicativo della vulnerabilità del patrimonio cittadino.

La Domus Aurea, ferita e dimenticata

Tra i precedenti più drammatici, resta impresso quello della Domus Aurea, il palazzo voluto da Nerone dopo l’incendio del 64 d.C. Il 30 marzo 2010, una parte della volta – circa 80 metri quadrati – crollò, aprendo una voragine di venti metri nel terreno soprastante. Le piogge abbondanti furono additate come causa immediata, ma la verità era un’altra: infiltrazioni, abbandono e carenza di monitoraggio avevano indebolito per anni le strutture sotterranee.

L’allora commissario straordinario per la Domus Aurea, Luciano Marchetti, lanciò un allarme che oggi suona profetico: “Al crollo potrebbero seguirne altri anche nell’immediato. La situazione è di grandissimo allarme.” Parole che potevano valere allora come oggi, estendibili a gran parte dei monumenti del centro storico. Segnali trascurati, in una città che continua a vivere su un fragile equilibrio tra il suo splendore e la sua fragilità.

Le Mura Aureliane: bastioni che tremano

Nemmeno le imponenti Mura Aureliane, costruite nel III secolo d.C. dall’imperatore Aureliano, sono state risparmiate. Nel 2001 un tratto di oltre venti metri crollò nei pressi di Porta San Sebastiano. Sei anni dopo, un nuovo cedimento di dieci metri d’altezza e quindici di larghezza fece tremare il quartiere di San Lorenzo. Da allora, segnalazioni di crepe e distacchi si sono moltiplicate lungo tutto l’anello murario che cinge la città.

Le mura, che per secoli hanno difeso Roma dagli eserciti nemici, oggi sembrano bisognose di essere difese a loro volta. Gli interventi di restauro sono spesso frammentari, emergenziali, privi di una pianificazione unitaria. Eppure, rappresentano una delle opere più imponenti e identitarie della città antica.

Un patrimonio in pericolo: serve una strategia, non annunci

Dai Fori Imperiali alle periferie archeologiche, Roma mostra i segni di una malattia profonda: la mancanza di una visione duratura per la conservazione del suo patrimonio. Non bastano restauri sporadici o cordoni di transenne dopo ogni emergenza. Servono piani di monitoraggio costante, tecnologie di prevenzione, risorse adeguate e personale specializzato.

Gli esperti lo ripetono da anni: l’instabilità strutturale dei monumenti non è un destino inevitabile, ma il risultato di scelte politiche e amministrative. Roma non può più permettersi di vivere “alla giornata” sul proprio patrimonio millenario. Ogni crollo – grande o piccolo che sia – non è solo una perdita culturale, ma un colpo alla sicurezza pubblica e all’immagine stessa della capitale.

La città che chiede cura

Il crollo della Torre dei Conti non è dunque un fatto isolato, ma il simbolo di una capitale che rischia di perdere la propria memoria pietra dopo pietra. Roma, culla della civiltà occidentale, ha bisogno di una manutenzione programmata, di controlli sistematici, di responsabilità condivise tra istituzioni e cittadini.

Perché la “città eterna”, per restare tale, ha bisogno di essere curata ogni giorno. Prima che la prossima crepa diventi un nuovo crollo, e la storia di Roma si perda – insieme ai suoi monumenti – sotto le macerie dell’indifferenza.