Roma, quattro anni di buche. E ora dalla Raggi scappano tutti

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Quattro anni di buche. Si potrebbe sintetizzare così il giudizio sulla prima sindacatura targata Cinque Stelle a Roma. Prendendo spunto dallo stato delle strade nella città. Un’avventura nata da un successo elettorale travolgente. Figlio anche dei clamorosi errori compiuti dai partiti tradizionali che si erano alternati al governo della Capitale. Con il PD che era andato dal notaio per sfiduciare il suo sindaco Ignazio Marino. E il centrodestra che si presentava diviso con la doppia candidatura di Giorgia Meloni e di Alfio Marchini. In pieno clima di caccia alle streghe, era stato fin troppo facile per Virginia Raggi chiedere i voti promettendo discontinuità con il passato. Un rinnovamento basato sulle due grandi parole d’ordine della prima fase grillina. Honesta’ e trasparenza verso i cittadini.Ma i risultati promessi a distanza di quattro anni non si sono visti.

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Dopo aver vinto le primarie contro il grande avversario Marcello De Vito la Raggi ha stravinto al ballottaggio. Sfiorando il 70 per cento dei consensi. E conquistando il governo di 13 Municipi su 15. Una sorta di monocolore, che nella storia della politica non ha mai portato fortuna. E infatti sono subito nati i problemi. Con le prime scelte della sindaca, la nomina di Raffaele Marra a dirigente e le grane giudiziarie. Dalle quali va detto la Raggi è uscita pulita. Ma è il cambiamento promesso che non si è visto in questi quattro anni. E così la fiducia degli elettori è scesa a livelli preoccupanti. E adesso non manca nemmeno il fuoco amico. Con le dimissioni della presidente del Municipio 7 Monica Lozzi. Gli attacchi di personaggi un tempo vicinissimi come il presidente della commissione mobilità Enrico Stefano. E ben cinque parlamentini locali caduti in quattro anni. Un record, come quello dei manager cambiati nelle aziende partecipate. Una girandola di nomi alla ricerca di un cambio di passo mai trovato.

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Le strade della Capitale sono ridotte a un colabrodo. Tra voragini transennate alla bell’e meglio e buche che si aprono alle prime piogge autunnali. Ma a questo purtroppo i Romani sono abituati. Alcune scelte dell’amministrazione invece hanno creato sconcerto e polemiche. Come quella di togliere i sanpietrini da via Quattro Novembre. O di aprire i varchi del centro storico mentre si pedonalizzava il lungomare di Ostia. I punti critici dell’amministrazione Raggi però restano senz’altro il decoro urbano, la politica dei rifiuti e la mobilità. In Atac l’amministratore unico Simioni ha lasciato il suo posto. Per essere promosso nella girandola di nomine rosso gialle effettuate durante il lockdown ai vertici dell’Enav. L’attuale numero uno aziendale Giovanni Mottura ha davanti un compito non facile. Perché il concordato è appeso a un filo, con perdite rilevanti accumulate anche a causa della pandemia. E della drastica riduzione dei passeggeri sui mezzi pubblici. La flotta è in media molto vecchia, e ben 40 autobus sono andati a fuoco dall’inizio dell’anno. Anche questo un record negativo mai raggiunto prima.

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E’ mancata una visione della città. Lo dice Enrico Stefano, ex fedelissimo e portavoce grillino

E anche sul fronte del decoro urbano la bocciatura dei cittadini è netta. Parchi abbandonati con erbacce alte ovunque e incendi che continuano a scoppiare tra le sterpaglie. Per non parlare della gestione dei campi nomadi. Oltre 300 insediamenti presenti in città, molti dei quali fuori controllo. E poi il nodo di Malagrotta due, la nuova grande discarica di Roma. Alla quale la Raggi a dicembre del 2019 aveva detto si, condividendo la scelta della Regione Lazio. Di realizzare il nuovo impianto a Monte Carnevale, sempre nella Valle Galeria.  Salvo poi essere smentita dai suoi stessi uffici. E forse anche un questo caso la prima cittadina ha cambiato idea. Sulla spinta di una forte e contraria pressione popolare. Mentre Ama si presenta senza bilancio approvato da tre esercizi. E l’amministratore delegato Zaghis minaccia di sospendere la raccolta porta a porta.

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Insomma, per dirla con le parole del presidente della commissione mobilità del Campidoglio e portavoce grillino Stefano, in questi quattro anni è mancata una visione della città. E si è preferito navigare a vista, assecondando gli umori popolari. E alla fine si è riusciti a scontentare tutti. In questo clima la recente votazione sulla piattaforma Rousseau che autorizza la prima cittadina a ripresentarsi come candidata a sindaco di Roma appare solo come l’ultima trappola. Mentre tra fuoco amico, tradimenti e veleni la imminente campagna elettorale per Virginia Raggi si sta trasformando in una faticosissima pedalata in salita. Che potrebbe preannunciare una rovinosa caduta.

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