Sarà Nicola Zingaretti a chiudere il Sant’Andrea
Il Sant’Andrea è rimasto chiuso quarant’anni e tornerà come prima a nemmeno vent’anni dall’apertura alle cure per i cittadini con il metodo Zingaretti?
La regione Lazio ha il dovere della chiarezza e le troppe cose storte che stanno accadendo dall’avvento del nuovo management provocano più di un sospetto. Sul punto ci sta da giorni anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giancarlo Righini. È lui che ci ha messo la pulce nell’orecchio sulla scelta di della regione Lazio di farne un ospedale Covid.
In pratica, “la situazione dell’ospedale S.Andrea conferma quanto sostenuto da molte autorevoli fonti a livello nazionale già da due mesi”.
Zingaretti umilia il Sant’Andrea
Spieghiamo quali sono i rischi che si corrono. Quando si entrerà nella “Fase Due” bisognerà riorganizzare la rete degli ospedali Covid, identificando pochi centri dedicati, consentendo agli altri ospedali di riprendere la normale attività medica e chirurgica. E su questo la denuncia dell’esponente di Fdi è esplicita: “La scelta unilaterale di fare del S. Andrea un ospedale Covid, operata unilateralmente dalla “Troika” Zingaretti, D’Amato, Marcolongo (costui è il nuovo direttore del Sant’Andrea, che non si è fatto spiegare nulla della storia di un ospedale aperto con tanta fatica) si è rivelata dannosa e sta pregiudicando l’assistenza sanitaria ai cittadini dell’area nord della città metropolitana di Roma”. Di più: umiliante per le stesse professionalità interne. Oltre che per i malati.
Ci sono infatti molti pazienti in attesa di operazioni importanti che devono essere ricoverati in tempi brevi, garantendo loro un ambiente sicuro. E proprio tra i tanti esempi che si potrebbero citare, il Sant’Andrea rappresenta la cartina di tornasole della criticità insita nell’organizzazione di ospedali misti nei quali ci sono state serie difficoltà per l’isolamento dei ricoverati che sono stati esposti al virus. Non solo: perché pure il personale sanitario nell’ospedale conta ben 49 operatori contagiati. E questo anche per la carenza dei dispositivi di protezione, non forniti a sufficienza dalla Regione.
La struttura ospedaliera mista va abbandonata, poiché genera molteplici impedimenti nella cura di tutte le altre patologie. E alimenta uno stato di confusione ed incertezza che ha prodotto di fatto il blocco dei reparti, come attestano i soli 110 pazienti attualmente ricoverati.
Ormai le persone non si fanno più ricoverare lì
Numeri che fanno rabbrividire rispetto alle potenzialità di un ospedale che alla nascita “vera”, nel 2003, suscitò tante speranze nella pubblica opinione di Roma e del suo hinterland a nord della città. E per anni la struttura sanitaria ha rappresentato un riferimento per tantissimi malati e i loro familiari. L’orientamento dell’amministrazione regionale – denunciato da Righini – lascia stupefatti. Soprattutto perché nessuno più di noi conosce gli sforzi impegnati per dare alla città un sito che era noto solo come cattedrale nel deserto.
Gia’ la scelta del nuovo manager di privare il Sant’Andrea della BranSuite per la cura dei tumori cerebrali ci aveva colpito. Adesso le voci che si infittiscono su un ulteriore depotenziamento delle capacità dell’ospedale fanno intuire che si sia in presenza di una drammatica volontà di procedere verso la chiusura, o un forte smantellamento, di una delle più belle e funzionanti realtà sanitarie del Lazio e non solo.
Sono questi i casi che fanno gridare all’indignazione. Perché vuol dire che non si è proprio capito nulla di che cosa abbia rappresentato il Sant’Andrea nella storia della nostra città e della nostra regione. Fatelo capire a Zingaretti e al manager venuto dal Friuli.