Trattativa Stato-mafia: assolti Dell’Utri e i tre ufficiali dell’Arma condannati in primo grado

Marcello Dell'Utri

«La sentenza è una svolta per me e per la giustizia italiana». Così Marcello Dell’Utri, commentando l’assoluzione «per non aver commesso il fatto» nel processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia.

La Corte d’assise d’appello di Palermo ha riformato la sentenza di primo grado e assolto con lui i generali Mario Mori e Antonio Subranni e il colonnello Giuseppe De Donno. Erano stati condannati a 12 anni. Anche Marcello Dell’Utri era stato condannato  a 12 anni di carcere. La sentenza è stata emessa dopo tre giorni di camera di consiglio.

Dell’Utri assolto per non avere commesso il fatto

I giudici hanno anche dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. Pena ridotta al boss Leoluca Bagarella. Confermata la condanna del capomafia Nino Cinà.

Nel dettaglio è arrivata l’assoluzione per l’ex senatore Marcello Dell’Utri (“per non avere commesso il fatto”), per gli ex generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni (“perché il fatto non costituisce reato”). Assoluzione inoltre per l’ex colonnello Giuseppe De Donno, che aveva avuto 8 anni. Tutti erano imputati del reato di minaccia a un corpo politico, minaccia lanciata dai mafiosi con le bombe.

La figlia del generale Subranni: “Ora paghi chi ha infangato mio padre”

« Si riabilitino gli altri, se possono, si riabilitino coloro che negli anni, a processo in corso, a vario titolo e livello, hanno leso mio padre, la sua indiscutibile ‘appartenenza’ allo Stato, colpendolo al cuore irrimediabilmente, ferendo la vita di mia madre, la mia e quella di mio fratello». Lo ha detto a caldo Danila Subranni, figlia del generale Antonio Subranni.

«Per quel che ci riguarda, chiederemo che ne rispondano a uno a uno, nei modi possibili che la legge ci consentirà di perseguire. In base al principio di garanzia che vale per tutti: chi sbaglia, paga- dice – Tutto questo nell’amara consapevolezza che la giustizia, comunque, non ha prevalso. Perché In questi anni ha vinto l’uso ‘creativo’ della giustizia, che ha coinvolto un servitore dello Stato, la torsione della verità per fini ambigui, in ultimo per una vana gloria, peraltro mai raggiunta da coloro che sulla condanna di mio padre avevano investito».