Tutto quello che posti può essere usato contro di te: attenti allo “sharenting”

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Nell’era digitale, con l’avvento dei social media e delle piattaforme online, impazza lo sharenting: condividere la propria vita e le proprie esperienze, ormai è diventato un comportamento comune. Chi non ha il parente o l’amica che ogni giorno si premura di far sapere a tutto il mondo che cosa fa, dove va in vacanza, che cosa mangia e gli ultimi acquisti online. Qualcuno ne ha fatto un lavoro anche redditizio.

Niente di male finché non si decide di far diventare protagonisti di queste scene di vita quotidiana, date letteralmente in pasto al popolo della rete, i propri figli.

Questa pratica, conosciuta come “sharenting”, consiste nella condivisione di foto, video e dettagli sulla vita quotidiana dei bambini, in particolare i propri figli, sui social media. Sebbene il desiderio di condividere la gioia della genitorialità sia comprensibile, lo sharenting solleva importanti questioni sulla privacy e la sicurezza dei minori delle quali, purtroppo, i non ignoti divulgatori si dimenticano o, peggio ancora, neppure considerano.

Partiamo dal presupposto che la rete ha una memoria infinita come dimensione e eterna come durata. Parafrasando una frase da film americani ben si può dire “tutto ciò che posterai sarà usato contro di te.” Il punto è che nessuno sa quando ciò può avvenire. Magari fra qualche anno l’attuale ignaro bambino corre il rischio di vedere le sue foto sui giornali quando decide di candidarsi ad un ruolo politico importante.

Tutti i rischi dello sharenting

Si corre anche il rischio di mettere a disposizione di un pubblico sufficientemente morboso dei veri e propri reportage. I genitori, infatti, spesso condividono le foto dei figli per documentare tutti i momenti significativi e condividere con parenti e amici l’evoluzione dei bambini e per cercare non solo consigli o supporto, ma anche approvazione. Tuttavia, la condivisione indiscriminata può avere implicazioni a lungo termine.

Possiamo inoltre aggiungere al già pericoloso sharenting la child shaming, cioè la messa online di foto dei bambini nei momenti per loro più imbarazzanti. Mentre piangono o fanno i capricci davanti al cibo o in altri momenti particolari, mettendo le basi per far perdere ai figli dignità e autostima quando potranno riconoscersi nelle loro foto.

Per qualcuno potrebbe essere strano, ma un genitore deve chiedersi se una pubblica esposizione, talvolta una gogna vera e propria, sia davvero ciò che un bambino vuole. Oltre a farsi domande chi posta queste immagini non dovrebbe prescindere dall’opinione di un bambino che, in realtà, anche se lo fa un genitore, è vittima di una decisione altrui.

Il bambino sarebbe consenziente?

La perdita di dignità nei confronti dei minori può avere effetti duraturi. Queste esperienze possono segnare la loro percezione di sé stessi e influenzare la loro crescita emotiva.

Il rispetto della dignità dei minori dovrebbe essere una priorità per i genitori e gli adulti responsabili. Prima di condividere qualsiasi contenuto online che li coinvolga, è fondamentale chiedersi se tale condivisione rispetta la loro dignità e il loro benessere.

Purtroppo, siamo entrati in possesso dei social senza renderci conto della loro portata e degli effetti a lungo termine. L’educazione sui rischi dell’esposizione online e la protezione della dignità dei minori dovrebbero diventare parte integrante dell’educazione digitale. I genitori e gli insegnanti non solo sono tenuti ad insegnare ai minori come navigare in modo sicuro e rispettare la loro privacy; ma, specialmente i primi, hanno la responsabilità di tutelare i loro figli garantendo la riservatezza di un’immagine che, ricordiamo, è un dato personale.

Inoltre, come la cronaca riferisce, molte immagini di bambini sono state usate in video per adulti creati da programmi di intelligenza artificiale.